Alzi la mano chi non ha almeno una volta alzato gli occhi al cielo per contemplare un il firmamento, per osservare un’eclissi o cercare una stella cadente. Alcuni (ed io sono tra quelli) avranno certamente sognato di viaggiare tra le stelle per vedere la terra dallo Spazio o per provare l’assenza di peso come gli astronauti delle missioni Apollo (per citare solo quelle più famose).
Ebbene, quello di vedere la Luna da vicino e navigare nello spazio come un astronauta potrebbe non essere un sogno irrealizzabile. Con la presentazione alla stampa della Space Ship Two, avvenuta il 23 gennaio all’American Museum of Natural History di New York, è infatti iniziata l’era dei voli di linea spaziali. Almeno all’inizio non si tratterà di viaggi alla portata di tutte le tasche, men che meno di voli low cost visto che il prezzo dei primi biglietti venduti si aggira intorno ai 140.000 Euro (l’uno). Tuttavia, stando a quanto afferma Richard Branson, proprietario della neo-costituita Virgin Galactic, nel giro di qualche anno (sembrerebbe ne bastino 5), la preziosa carta d’imbarco potrebbe costare molto meno e già la seconda tranche di passeggeri della navicella dovrebbe potersi avvelere di biglietti che costeranno la metà del prezzo attuale.
La Space Ship Two inizierà i collaudi quest’anno ed è previsto per il 2010 il primo volo passeggeri. Sebbene il prezzo non sia di favore, sono già più di 200 le persone che hanno messo mano al portafogli per aggiudicarsi i biglietti che danno accesso alla navicella progettata da Burt Rutan, lo stesso che nel 2004, per 2 volte è riuscito a portare il suo primo aereo-astronave, denominato Space Ship One, a quota orbitale e a tornare a terra tutto d’un pezzo.
Anche se a quanto pare l’unico prerequisito che è necessario soddisfare per fare un volo suborbitale è quello di avere un conto in banca “rassicurante”, la gita spaziale non si preannuncia come una vera e propria passeggiata: la navicella, in grado di trasportare 2 membri dell’equipaggio e 6 passeggeri (questi ultimi in una cabina lunga 3,7 metri e larga poco più di 2), raggiungerà la quota di 15.200 metri grazie ad un aereo-vettore, il “White Knight Two”. Sganciata dalla “nave-madre”, la navicella inizierà una salita a Mach 3,5 fino all’apogeo della traiettoria orbitale situato a 110 chilometri di altezza, punto in cui i passeggeri potranno per alcuni minuti slacciare le cinture e sperimentare l’assenza di peso osservando la terra e le stelle attraverso gli oblò larghi 43 centimetri. Dopodiché, il rientro e l’atterraggio, per un totale di circa 2 ore e mezza, il tempo di un volo di sola andata sulla rotta Roma – Londra.
Tutto facile quindi? Non proprio, visto che mentre il Roma – Londra lo si vive comodamente seduti nel proprio posto, meglio se di prima classe (e visto il prezzo del biglietto galattico dovrebbe essere questo il settore in cui i futuri viaggiatori spaziali sono abituati a volare sugli aerei di linea), sorseggiando una bibita o sonnecchiando, il rientro dal volo orbitale prevede che durante la fase di rientro i passeggeri incassino qualcosa come 6 G! Certo, non si tratta di un rientro a 25.000 chilometri orari tipo Space Shuttle e oltretutto i sedili sono reclinabili per attutire gli effetti dell’accelerazione (avete presente l’F-16?) ma il ritorno a casa non è neanche il comodissimo Continuous Descent Approach dei widebodies civili.
Per quanto riguarda gli “aeroporti” di partenza, terminata la sperimentazione nel deserto del Mojave, la base di armamento della Virgin Galactic sarà Spaceport America, nel New Mexico, anche se si parla già di una base alternata situata al Polo.
A chi volesse acquistare un biglietto o avere più informazioni, segnalo il sito della Virgin Galactic: http://www.virgingalactic.com/
Photo courtesy of Virgin Galactic