Con gli SF260 del 70° Stormo 07.04.2004

Nel mese di aprile del 2004 ho avuto la possibilità di volare con il 70° Stormo, temporaneamente rischierato a Grazzanise per i lavori di rifacimento della pista di Latina. Quello che segue è il mio racconto del volo. Alcuni degli SF260 che presero parte a quella missione sono stati venduti negli Stati Uniti. Per ulteriori informazioni leggi qui.

Durante la visita a Grazzanise ho avuto la possibilità di prendere parte ad una missione addestrativa a bordo di un SIAI SF.260 del 207° Gruppo. Un’occasione unica per vivere in presa diretta l’attività che si svolge al 70° Stormo. La missione, nominativo “King formation”, prevede infatti una navigazione VFR a bassa quota tra lo spazio aereo della base aerea casertana e la zona di Napoli; una sortita che pur con le approssimazioni indotte dalla presenza a bordo di un giornalista, è del tutto simile ad una di quelle previste dal programma del BNA. Oltre al velivolo sul quale mi accomoderò io, ci saranno altri due aerei. Gli equipaggi sono quelli delle grandi occasioni: in volo con me su “King 3”, ci sarà il Cap.
Fabrizio Sion; su “King 1”, prenderanno posto il Cap. Andrea Boscolo e il Cap.
Andrea Franceschinis mentre su “King 2” voleranno il Ten. Carlo De Simone e il Ten. Massimiliano Colasi. Un totale di 5 istruttori, alcuni dei quali addirittura esaminatori dello Stormo e un veterano della base di Grazzanise, Franceschinis, con un passato da pilota di 104 del 10° Gruppo. Le condizioni meteo sono pressoché perfette, se non fosse per un vento di 18 nodi che non ci permetterà di decollare o atterrare in formazione. Poco male, decolleremo separati di 3 secondi e ricongiungeremo subito dopo il decollo. La missione non riserva ovviamente grosse sorprese per 5 istruttori esperti, a Grazzanise da diverse settimane e quindi a proprio agio con le procedure previste dall’aeroporto e dagli spazi aerei interessati dalla “King”. Proprio per questa ragione, il briefing è particolarmente dettagliato ed un particolare accento viene posto sul rispetto della disciplina radio e delle eventuali procedure d’emergenza. In una manciata di minuti viene verificato anche il codice IFF assegnato, lo status dei radioaiuti alla navigazione e, cartina alla mano, vengono analizzati eventuali NOTAM che interessano gli spazi aerei attraversati dalla rotta pianificata. Analizzati tutti i dettagli della missione, prendiamo nota dei velivoli assegnati e della loro localizzazione sui vari piazzali; sfrutteremo una slot assegnata al 207° Gruppo alle 12:30 locali. Finito il briefing mi intrattengo con Sion che mi illustra in dettaglio le procedure d’emergenza del velivolo soffermandosi in particolare su quelle di abbandono rapido a terra. Una volta metabolizzate, possiamo spostarci in sala equipaggiamenti dove iniziamo il rituale della vestizione. Una verifica alla funzionalità delle cuffie del casco e del microfono, che per questo volo prenderà il posto della classica maschera, e siamo pronti allo “step”. Raggiungiamo il piazzale N2 a piedi, con in spalla il paracadute blu. Mentre Sion inizia l’ispezione esterna del velivolo targato “70-36” io ne approfitto per cominciare a legarmi al seggiolino tenendo a mente quanto spiegatomi nel briefing: in caso di abbandono del velivolo in volo, dovrò cercare di “salire” sull’ala e lasciarmi andare lateralmente per non venire investito dai piani di coda dell’aereo. Sion intanto ha finito il walkaround ed ha già iniziato i check che precedono la messa in moto. In pochi minuti ci troviamo in coda agli altri due aerei in rullaggio verso la testata della pista 24 come autorizzati da “Grazzanise Ground”. Effettuiamo il run up ed entriamo in pista per il decollo. Un cenno con la mano, “last chance check” e si parte. Il numero uno inizia la corsa di decollo e contemporaneamente facciamo partire il cronometro. Dopo sei secondi è il nostro turno, vengono rilasciati i freni e il velivolo scatta lungo la striscia d’asfalto sotto la spinta del motore. Con un abile gioco di pedaliera, Sion riesce a domare il velivolo e tenerlo dritto contrastando il vento leggermente al traverso che tenderebbe a spingerci fuori pista. Siamo già in volo quando il mio occhio incrocia l’anemometro che segna i 75 nodi. Procediamo lungo la rotta d’uscita standard che ci porterà a sorvolare Lago Patria, il primo punto di riporto, tra un paio di minuti. I due velivoli che ci precedono sono chiaramente visibili a ore 12, a non più di duecento metri di distanza. Iniziamo un lento ricongiungimento mentre il lago campano è già chiaramente riconoscibile di fronte a noi. L’aereo, malgrado una turbolenza che ci fa ballare parecchio, è molto confortevole: pur non essendo spazioso come un Cessna d’aeroclub, permette di muoversi senza grossi problemi e di riporre una borsa portacasco alle spalle dei seggiolini. L’unico difficoltà che incontro è legata all’impiego del microfono, con il quale ho alcune difficoltà non riuscendo a “sputarci” bene dentro prima d’iniziare a parlare. Volando una breve tratta “feet wet” in formazione stretta, raggiungiamo Ischia che circumnavighiamo mantenendoci su un mare abbastanza agitato e godendoci lo spettacolo grazie all’ottima visibilità offerta dalla configurazione di biposto affiancato. Un paio di virate accentuate in formazione strettissima, durante le quali apprezzo l’abilità degli istruttori nel mantenere le distanze reciproche malgrado le sollecitazioni indotte dalle accelerazioni, e rimettiamo la prua verso est. Sion mi mostra come il mantenimento della formazione richieda un grande lavoro di manetta e una costante azione correttiva sulla barra di comando, qualcosa che si può apprendere solo con parecchia pratica e che gli allievi affrontano solo al termine del terzo ed ultimo blocco del BIE. Siamo quasi sulla costa. La rotta pianificata ci porta a superare Capo Miseno da cui procederemo verso Pozzuoli per poi uscire dalla zona di competenza di Capodichino. Sfiliamo di fronte all’Accademia mentre “King 1” ci segnala via radio la presenza di un AB.212 davanti a noi a quota più bassa che riesco ad acquisire visivamente molto più tardi del mio compagno di volo. Mentre puntiamo su Aversa, Sion mi da un’ulteriore prova della maneggevolezza del velivolo, eseguendo una serie di “trasformazioni” che ci portano a cambiare continuamente il tipo di formazione e dimostrandomi come, opportunamente trimmato e in assenza della fastidiosa turbolenza, il “260 vola praticamente da solo”. Dopo una fugace visita alla Reggia di Caserta che sfioriamo sulla via del rientro, ci predisponiamo per un lungo finale “finito” per pista 24. L’atterraggio è “uneventful” malgrado il vento al traverso sia aumentato rispetto al decollo. Dirigiamo al parcheggio schiudendo leggermente la cappottina per far entrare un filo d’aria nel cockpit. Spento il motore è il momento di slegarsi e tornare, purtroppo, con i piedi per terra. Tornando verso il Comando del 207°, ripercorro mentalmente l’ora di volo a bordo del SIAI e non posso non constatare come Sion, durante tutta la missione, abbia continuato, con voce calma e rassicurante, a spiegarmi nel dettaglio ogni manovra eseguita ed ogni controllo effettuato, mettendomi a mio agio proprio come fossi uno dei suoi allievi.

Ho avuto la possibilità di volare anche con altri tipi di aerei e ho potuto osservare come solo gli istruttori dimostrino queste qualità “oratorie”. Anche questa propensione al dialogo con l’allievo andrebbe annoverato come un requisito fondamentale per lo svolgimento di un mestiere di estrema responsabilità come quello dell’istruttore in cui, molte volte, più delle ore di volo valgono le qualità umane.