A poco più di due anni dall’ultima visita alla 609^ Squadriglia, siamo tornati a Grazzanise per tracciare un bilancio dei primi due cicli di attività “fuori area” che hanno visto gli AB.212ICO (Implementazione Capacità Operativa) del 21° Gruppo operare dall’aeroporto di Kabul in Afghanistan. L’occasione ci è stata fornita dal 90° anniversario della costituzione del Gruppo, celebrato il 26 aprile scorso alla vigilia di un nuovo rischieramento in Afghanistan.
Se non fosse per l’assenza dei velivoli parcheggiati nel piazzale della 609^ Squadriglia Collegamenti e per una segnaletica interna che è stata aggiornata per tenere in considerazione i nuovi simboli e la nuova collocazione dei reparti di base, Grazzanise sembrerebbe più o meno la stessa di quel 31 ottobre 2004, data in cui l’ultimo volo dell’F-104 MM6930 targato “9-99” pose fine alla carriera operativa nell’Aeronautica Militare e nel 9° Stormo del mitico Starfighter. Eppure di tempo ne è passato parecchio e molti sono stati i cambiamenti che hanno interessato la base campana. L’aeroporto aveva già subito un vigoroso lifting nel 2003, una serie di interventi destinati a ristrutturare le installazioni più vecchie e fatiscenti, risalenti alla fine degli anni ’60, e ad ammodernare le infrastrutture logistiche dei reparti di base; reparti che per circa tre anni a seguire, almeno sulla carta, sono stati due: il 10° Gruppo Caccia, che a Grazzanise manteneva giusto un “presidio”, essendosi trasferito a Trapani in vista del successivo incorporamento nel 37° Stormo, e la 609^ Squadriglia Collegamenti e SAR (SCS). Il “Carlo Romagnoli” che osserviamo lungo la strada che dal varco presidiato dai VAM conduce alla testata pista 24, è oggi un aeroporto perfettamente efficiente, dotato di infrastrutture che consentirebbero allo scalo di ospitare almeno un altro reparto di volo stanziale. La Zona Operativa, separata dalla Logistica da un chilometro circa di strada comunale, è la superficie all’interno della quale sono contenute la pista 06/24, le aree di parcheggio e di manovra dei velivoli, gli shelter per il ricovero degli aeromobili, il WOC (Wing Operations Center), la Torre di Controllo, le infrastrutture del controllo di avvicinamento, i locali della Squadriglia e del Gruppo e l’hangar del GEA (Gruppo Efficienza Aeromobili), reparto che ha preso il posto dello storico “Ciemme”, il Centro Manutenzione di Stormo. Sebbene le dimensioni del sedime siano tutto sommato modeste, di spazio a disposizione ce ne sarebbe ancora parecchio visto che l’unica unità di volo del 9° Stormo è il 21° Gruppo, un reparto con un’innata vocazione Expeditionary e che quindi ogni 6 – 8 mesi trasferisce personali e mezzi in Afghanistan per un nuovo “tour of duty” in supporto all’ISAF (International Security Assistance Force). Raggiungendo la cosiddetta zona “Nord” dell’aeroporto le differenze rispetto a qualche anno fa si fanno più evidenti. Basta dare uno sguardo agli edifici precedentemente occupati dal 10° Gruppo che dal 2007 sono stati assegnati al 21° Gruppo e che in accordo alle tradizioni del reparto sono stati dipinti con il caratteristico motivo tigrato giallo-nero.
In configurazione standard il Gruppo è equipaggiato con 5 AB.212ICO, di cui mediamente tre disponibili per l’attività di volo e due in manutenzione presso il GEA, che usufruiscono quindi solo di un sottoinsieme degli HAS (Hardened Shelters) “ex-10° Gruppo” di cui è costellata la zona adiacente alla testata pista 24. A dire il vero, l’organigramma attuale del 9° Stormo contempla ancora la 609^ SCS anche se il reparto, dipendente dall’Ufficio Operazioni, non dispone di alcun velivolo per l’assolvimento dei compiti istituzionali di ricerca e soccorso e trasporto a breve raggio.
I piazzali si affollano solo occasionalmente, in caso di rischieramento di velivoli che prendono parte ad esercitazioni, come nel 2005 per la Grifone e la Destined Glory, o quando la base svolge la funzione di DOB (Deployable Operating Base) per la Difesa Aerea ospitando i reparti F-16 impegnati in operazioni di difesa di obiettivi sensibili, come avvenuto nel 2006 durante il ciclo di “Jupiter”. L’area del 21° Gruppo si è riempita nuovamente il 26 aprile scorso, in occasione della cerimonia per i 90 anni del 21° Gruppo, un evento per il quale il 9° Stormo ha allestito due mostre, una video-fotografica, all’interno di un ricovero corazzato, che ripercorreva la storia del reparto dalle origini ad oggi; una statica con velivoli ad ala fissa e rotante, tra cui un F-16 del 10° Gruppo di Trapani, un SF-260EA del 70° Stormo di Latina, un NH.500E del 72° Stormo di Frosinone, e lo Special “9-99” rimesso a lucido dal personale di Grazzanise. Vera vedette della statica e dell’intera giornata è stato però l’AB.212 MM81375 in livrea commemorativa, realizzato dal M.llo Gennaro Coppola del GEA ed interamente dipinto a mano in poco meno di una settimana di lavoro. La cerimonia vera e propria, cui hanno preso parte numerose persone, tra personalità in congedo e in servizio, stampa e semplici appassionati, si è aperta con l’inaugurazione solenne e la benedizione ufficiale del monumento scolpito a mano intitolato ai caduti del 21° Gruppo di tutte le guerre. Una scultura composta da quattro riquadri, ciascuno rappresentante uno degli scenari geografici delle operazioni nazionali ed internazionali cui il reparto delle Tigri ha preso parte dalle origini ad oggi. Ed è proprio all’impegno profuso dal reparto nella preparazione e nello svolgimento delle delicate missioni all’estero che il Col. Roberto De Micco, comandante del 9° Stormo ha voluto dedicare alcune delle parole più significative del suo intervento, sottolineando come “ad un reparto dell’Aeronautica Militare servono mediamente 7 anni per acquisire la prontezza operativa su un nuovo velivolo; al 21° Gruppo, grazie all’esperienza e all’impegno del proprio personale, sono bastati 8 mesi per prepararsi e prendere parte alla prima missione operativa in Afghanistan”. Un riferimento alla storia recente del reparto, riattivato il 1 marzo 2006 per rispondere all’esigenza della Forza Armata di disporre di un assetto ad ala rotante in grado di operare al di fuori dei confini nazionali in una vasta tipologia di missioni di tipo “Combat” e in presenza di minaccia medio-bassa. E il battesimo del fuoco (si fa per dire) nella prima missione operativa “fuori area” è avvenuto in Afghanistan, a poco più di un mese dalla riattivazione e a soli 8 mesi dalla consegna del primo AB.212AMI-SAR convertito allo standard ICO (Implementazione Capacità Operative). Per l’impiego in uno scenario ostile caratterizzato da una minaccia di letalità medio-bassa, il reparto è infatti equipaggiato con l’AB.212ICO (Implementazione Capacità Operativa), o meglio UH-212ICO in base alle Mission Design Series in vigore dal 2006, una versione che differisce rispetto all’originale AB.212AMI-SAR tutt’ora in servizio con alcune Squadriglie SAR dell’Aeronautica, per la presenza delle due mitragliatrici brandeggiabili MG 42/59, calibro 7,62 mm NATO e nastri da 250 colpi, per la presenza di lanciatori di “flares” su entrambi i lati del trave di coda per l’autoprotezione da missili terra-aria a guida all’Infrarosso, per l’adozione di una configurazione parzialmente “notturnizzata” del cockpit compatibile con l’impiego di NVG (Night Vision Goggles), e per la corazzatura del cockpit e della piantana del vano carico con uno strato protettivo di alcuni centimetri di kevlar. Anche i seggiolini dei piloti sono corazzati e dotati di piastre protettive laterali mentre per quanto riguarda la protezione dei gunners sono state adottate delle apposite pannellature a copertura dell’accesso al vano carico del mezzo. Malgrado il Gruppo delle Tigri sia un organo di “line” del 9° Stormo, un ente che dal 2006 ha cambiato pelle trasformandosi da reparto della Difesa Aerea a vero e proprio “Expeditionary Wing”, l’inquadramento nella 1^ Brigata Aerea “Operazioni Speciali” di Padova, conferisce importanza anche a tutta quella tipologia di missioni che il 21° Gruppo svolge quotidianamente sul territorio nazionale per accrescere il know-how e la specializzazione dei propri equipaggi nello svolgimento di missioni CSAR (Combat Search And Rescue) e di supporto aereo ai reparti di Forze Speciali (FS) o a Forze per Operazioni Speciali (FOS). Sia il CSAR che le Special Ops sono missioni svolte prevalentemente di notte, motivo per il quale una buona parte delle ore di volo assegnate al reparto sono dedicate al volo notturno, per l’acquisizione o il mantenimento delle qualifiche di impiego dei visori NVG. Come evidenziato dal Col. De Micco durante il suo intervento: “Il 21° Gruppo svolge il doppio delle ore di volo notturne rispetto a qualsiasi altro reparto, riuscendo a volare con gli NVG per tre o addirittura quattro volte a settimana”.
Una dimostrazione delle attività svolte dal 21° Gruppo è stata al centro del display di volo organizzato in occasione del 90° Anniversario. Quattro AB.212ICO (lo Special Colour, un velivolo in configurazione da addestramento e due in configurazione CSAR) hanno dato luogo ad un evento tattico di ricerca e soccorso in territorio ostile che prevedeva il lancio di due paracadutisti del 17° Stormo Incursori di Furbara (ex Reparto Incursori AM, RIAM), la simulazione di uno scontro a fuoco, il recupero di un survivor in presenza di copertura aerea ravvicinata, l’egress dalla zona con manovre di scampo e lo spettacolare lancio di flares finale.
L’impegno “fuori area” e l’addestramento
La “manfrina” organizzata in occasione del 90° anniversario, ha offerto alle numerose “Tigri” presenti e agli ospiti, un’interessante sintesi delle missioni assegnate al Gruppo dalla sua riattivazione, avvenuta poco più di due anni fa. Missioni svolte prevalentemente all’estero, nell’ambito di rischieramenti in Afghanistan della durata di circa 6 mesi, come quello in programma a partire dal mese di giugno. I rischieramenti a Kabul richiedono l’utilizzo di tre elicotteri: due per l’esecuzione dell’attività di volo e uno che svolge le funzioni di riserva. I velivoli utilizzati durante i tour in Afghanistan sono facilmente riconoscibili dagli altri per le insegne dell’ISAF e per l’assenza del verricello: l’orografia dell’AOR (Area Of Responsibility) di Kabul, una circonferenza di circa 35 miglia nautiche di raggio centrata nella capitale afgana, all’interno della quale operano i mezzi italiani, è caratterizzata da strette vallate circondate da vette che si aggirano intorno ai 4.000 metri d’altezza e temperature che raramente scendono al di sotto dei 40° C; condizioni climatiche che non rendono possibile un recupero da hovering con l’AB.212ICO, un elicottero sensibilmente appesantito dalla corazzatura e dall’armamento rispetto al più maneggevole e reattivo AMI-SAR.
Finora il 21° Gruppo ha portato a termine due cicli di rischieramenti in Afghanistan: il primo, da aprile a settembre 2006, il secondo da giugno a dicembre 2007. In entrambi i casi il reparto ha operato nell’ambito di una Task Force (“Tiger”, nel 2006, e “Air Kabul”, nel 2007), un mini-stormo dotato di piena autonomia logistica e manutentiva, costituito da una sessantina tra piloti, aerosoccorritori, operatori di bordo, specialisti e fucilieri, inquadrato nel Reparto Distaccato del 9° Stormo. Tra la prima e la seconda missione all’estero, la partecipazione dell’Arma Azzurra alla missione ISAF è stata garantita dalla Task Force “Seagull”, costituita con personale appartenente alla 651^ Squadriglia di Istrana e alla 604^ Squadriglia di Grosseto e mezzi del 21° Gruppo, che ha operato tra settembre e dicembre 2006 come Reparto Distaccato del 51° Stormo, prima, e Reparto Distaccato del 4° Stormo, dopo. Per ciò che attiene alla tipologia di missioni volate da KAIA (KAbul International Airport), inizialmente il compito degli elicotteri dell’Aeronautica doveva essere il “Command Flight”, ovvero il trasporto del Comandante di ISAF all’interno dell’area di Kabul. Tuttavia, questo tipo di missione è stato volato pochissime volte, poiché la maggior parte dei task riservati agli AB.212ICO rischierati in teatro riguarda missioni di controllo del territorio, ricognizione (“recce”) e trasporto tattico, diurne e notturne. In qualità di assetto secondario, per l’impossibilità di eseguire i recuperi con il verricello, gli elicotteri italiani svolgono anche servizio d’allarme garantendo diversi gradi di prontezza per lo svolgimento di MEDEVAC (MEDical EVACuation) e CASEVAC (CASualties Evacuation), sortite svolte rigorosamente in coppia, con decollo su allarme, oppure “on call”, con i velivoli già in volo dirottati dalla missione iniziale per eseguire l’evacuazione sanitaria.
Come ci spiega il Magg. Fulvio D’Antonio, comandante della 609^ SCS e ora comandante del 21° Gruppo con due missioni in Afghanistan alle spalle e in procinto di partire per la terza: “in “teatro” si vola esclusivamente in coppia, sia per garantire il mutuo supporto, segnalando il fuoco di “small arms”, RPG o MANPADS, sia per garantire, in caso di crash landing, la presenza in volo di un velivolo che possa svolgere la funzione di OSC (On Scene Commander), assicurando la copertura del mezzo, facendo da ponte con la Sala Operativa di reparto e coordinando l’intervento degli altri mezzi di soccorso. Oltre a volare in coppia, si vola in formazione tattica e si cerca di sfruttare il più possibile l’orografia per rimanere esposti all’eventuale tiro terra-aria il più breve tempo possibile: sebbene i nostri elicotteri non siano mai stati oggetto di fuoco nemico, il rischio è elevato ed è necessario adottare tutte le contromisure possibili”. E non si può stare tranquilli neanche dopo aver portato i pattini a terra, come dimostrano i tiri di mortaio diretti verso l’interno dell’aeroporto di Kabul durante le missioni degli anni scorsi. A proposito di KAIA: il Reparto Distaccato dispone di un compound, costituito da più moduli abitativi, distante circa 400 metri dalla linea volo. I container ad uno o due livelli sono (ovviamente) condizionati e hanno diversi allestimenti interni a seconda della destinazione d’uso: ufficio o alloggio. Anche se alcuni locali destinati al ritrovo del personale dispongono di angolo cottura indipendente, i militari dell’Aeronautica Militare usufruiscono della mensa aeroportuale, gestita da una società che annualmente si aggiudica l’appalto per i servizi di ristorazione e lavanderia. Malgrado la circolazione interna non sia ristretta e ci si possa quindi muovere abbastanza liberamente a piedi tra un compound e un altro per scambiare qualche chiacchiera con i colleghi dei distaccamenti alleati o partecipare agli eventi sociali organizzati frequentemente da tutti i contingenti, la zona dell’Aeronautica Militare è sorvegliata dai fucilieri del 16° Stormo che hanno il compito di scortare il Comandante del Reparto Distaccato in ogni suo spostamento e, nel malaugurato caso di infiltrazione nell’aeroporto, proteggere gli asset della Task Force, ed in particolare gli elicotteri.
Tra un rischieramento e l’altro il 21° Gruppo opera da Grazzanise e prende parte a esercitazioni come la Spring Flag, appena conclusa in Sardegna, o come il TLP, al quale il reparto si appresta a partecipare inizialmente in qualità di osservatore. La maggior parte delle ore di volo è dedicato all’addestramento degli equipaggi più giovani, visto che il reparto, inizialmente composto da piloti di complemento della Squadriglia, ha iniziato a ricevere con una certa continuità i primi ufficiali provenienti dai corsi normali dell’Accademia: i neo-assegnati arrivano al Gruppo con l’abilitazione conseguita presso il CAE (Centro Addestramento Equipaggi) di Pratica di Mare, dopodiché, in accordo ad un iter stabilito dal Comando della Squadra Aerea di concerto con il 15° Stormo e con i contributi del 21° Gruppo, svolgono molte missioni di ricerca e soccorso di base per il conseguimento della qualifica di Pronto Impiego. “Anche se il SAR nazionale non è più il compito specifico del Gruppo” ci spiega D’Antonio “almeno nella fase iniziale dell’iter che conduce un pilota alla qualifica Pronto Impiego, vengono svolte molte sortite di ricerca e soccorso in montagna e in mare per dotare tutti gli equipaggi di un solido background sul quale “costruire” successivamente le varie specializzazioni operative. D’altronde, una missione SAR-mare svolta di notte, con mare forza 6 e scarsa visibilità, è sicuramente più impegnativa rispetto alle missioni taskate normalmente in teatro e quindi estremamente formativa”. E’ per questa ragione che si svolgono ancora molte missioni di questo tipo che rappresentano uno dei prerequisiti per il raggiungimento della Limited Combat Readiness e successivamente della Combat Readiness, indispensabile per operare in teatro. Al di là delle sortite SAR addestrative, il conseguimento della CR passa attraverso missioni specifiche che servono a preparare gli equipaggi allo svolgimento dei task richiesti in Afghanistan e si vola quindi in configurazione pesante e si opera principalmente in montagna. Ci si addestra al volo tattico a bassa quota, alla “gestione” della formazione, al mutuo supporto, all’atterraggio su fondo sabbioso e si svolgono anche missioni di aerocooperazione con gli AMX del 32° Stormo e tiri a fuoco. Ovviamente, il tutto indifferentemente di giorno e di notte. Com’è comprensibile, un programma così denso di preparazione all’impiego in Afghanistan lascia ben poco tempo allo studio delle specifiche tattiche di impiego del mezzo nel supporto alle operazioni speciali (anche se, in un certo senso, il trasporto di personale adibito all’acquisizione obiettivi o una MEDEVAC svolta sotto il tiro nemico, sono missioni che richiedono l’adozione di tattiche “speciali”) ed è per questa ragione che quella Special Ops rappresenta al momento più che una capacità, un obiettivo per il futuro.
© David Cenciotti
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 03/08 di Rivista Aeronautica