Questo articolo è stato pubblicato sul numero 182, Dicembre 2001 di Aeronautica & Difesa

Le capacità di reazione del dispositivo difensivo italiano ad un attacco terroristico dal cielo simile a quello messo in atto a New York e Washington l’11 settembre scorso, sono state recentemente testate da un aereo danese che, entrato senza autorizzazione nello spazio aereo italiano, ha messo alla prova l’intera catena di Comando e Controllo della nostra Difesa Aerea.
Sono le 13:40 (minuto più minuto meno) di sabato 27 ottobre, quando un aereo non identificato, con nominativo libico, in volo da Billund in Danimarca a Mitiga in Libia compare sugli schermi dei controllori del Centro Regionale di Assistenza al Volo di Padova e su quelli degli operatori dei centri radar dell’AM. L’aereo, un bimotore a elica che vola in direzione del VOR di Bolzano, con prua a Sud a 23.000 piedi, è un volo senza la Diplomatic Clearance richiesta per l’ingresso e l’attraversamento dello spazio aereo italiano. Viene allertata immediatamente la base di Grosseto, dove il 9° Gruppo mantiene in allerta una coppia di F-104ASA, che possono decollare entro 5 minuti dall’ordine di “Scramble”. Dall’11 settembre la prontezza richiesta ai gruppi della Brigata Caccia Intercettori è ritornata agli standard in uso ai tempi della Guerra Fredda: non più i comodi 15 minuti caratteristici dell’ultimo decennio; oggi come oggi bisogna essere “ready in five”, cioè pronti in cinque minuti, sperando che bastino. Il mezzo a disposizione è l’F-104ASA un aereo vecchio, e per giunta non della versione più aggiornata (i “Dardi” del 9° Gruppo non hanno ricevuto la versione “ASA–M” in vista del passaggio sul “Tifone”), ma consente ancora decolli-lampo e salite vertiginose verso gli “zombie”, le tracce non identificate dagli occhi vigili della Difesa Aerea e degli AWACS della NATO. E’ quindi perfetto per questo tipo di missioni. L’attività di coordinamento e d’indagine è frenetica presso il COFA (Centro Operativo delle Forze Aeree) di Poggio Renatico e dopo pochi minuti, viene deciso lo “Scramble” di due caccia per effettuare un’identificazione visiva, VID (Visual Identification) dell’aereo incursore. Sono appena passate le 14 quando due “Starfighter”, armati di tutto punto, decollano dalla base di Grosseto. Quasi contemporaneamente l’equipaggio cui oggi spetta il turno “d’allarme” a Trapani viene messo in prontezza: qualora sia necessario un passaggio di consegne, saranno due “Brandy” del 18° Gruppo a prendere in carico l’intruso. In 15 minuti i primi due caccia raggiungono il velivolo non identificato, in volo a 21.000 piedi dalle parti di Firenze. Sotto l’attenta guida del Guida Caccia Intercettore di “Quercia”, situato a Poggio Ballone, i piloti entrano in contatto visivo dello “zombie”. L’approccio è “soft” come prevedono le regole d’ingaggio in caso di intercettazione di aerei da trasporto: i caccia si avvicinano al velivolo intercettato da dietro, mantenendosi a distanza di sicurezza con lo scopo di non creare panico nell’equipaggio e negli eventuali passeggeri (come avvenuto recentemente ad un volo della “Go” dalla Spagna al Regno Unito, intercettato dai Mirage francesi), e allo stesso tempo studiarne il comportamento. Dopo alcuni minuti di “shadowing” il leader della coppia di F-104 si posiziona alla sinistra del target, in una posizione dalla quale impartire istruzioni al velivolo intercettato e allo stesso tempo copiarne la prua, la quota, la velocità, il tipo dell’aeromobile e la registrazione. Ad un primo momento, la silhouette del velivolo sembrerebbe molto simile a quella di un Antonov 26, di colore bianco e blu e senza alcun tipo di coccarda. La matricola (danese) e la tipologia dell’aereo sembrerebbero quindi inizialmente differire da quelle specificate nel piano di volo inoltrato ai centri di controllo del traffico aereo. In un paio di minuti viene coordinata con il CRAV di Roma una deviazione di rotta per evitare che il volo “sorvegliato speciale” sorvoli zone sensibili o si avvicini troppo a Roma o Napoli. Gli F-104 scortano il velivolo sul mare, verso l’Elba da cui poi sorvolando il Tirreno, potrà raggiungere la Palermo e quindi uscire dallo spazio aereo italiano a sud della Sicilia. L’aereo è uno “slow mover” e i piloti italiani faticano molto per mantenersi in formazione con il “target”; secondo alcune indiscrezioni l’equipaggio del velivolo danese, visto il primo “Starfighter” avvicinarsi avrebbe ulteriormente ridotto la velocità (non si sa se per facilitare il compito dei nostri o viceversa ostacolarli) rendendo la vita difficile ai 104 che non amano certo volare con i flap estesi e con un assetto decisamente cabrato. Grazie alla professionalità dei nostri piloti, cui l’esperienza sullo “Spillone” non manca davvero, il volo “in formazione” dei 3 velivoli prosegue comunque nel massimo della sicurezza per tutti. Alle 14:45 circa, a Sud dell’isola d’Elba, i due F-104 di Grosseto iniziano il rientro alla base; l’aereo danese prosegue il suo volo tenuto sotto controllo dai radar della difesa aerea che non lo perdono un attimo di vista. Mentre la prima coppia di F-104 atterra a Grosseto viene ordinato lo “Scramble” di due “Stafighter” del 18° Gruppo di Trapani che in una manciata di minuti decollano per prendere in consegna il velivolo danese e scortarlo fino ai confini dello spazio aereo nazionale. Alle 15:42, a 30 miglia a nord di Palermo e a 21.000 piedi, la seconda coppia di intercettori raggiunge lo “zombie”: i piloti riportano al controllore del centro radar dell’AM che si tratta di un velivolo Fokker 50 con matricola “OY-EBB”, come da piano di volo quindi, e lo scortano fino all’ingresso nella FIR di Malta. Si risolve anche il giallo relativo al nominativo libico (era quantomeno insolito che fosse utilizzato da un aereo danese): è stato apparentemente usato per ottenere la Clearance in Libia. L’atterraggio dei due F-104 del 18° Gruppo a Trapani conclude felicemente l’intera operazione. Nel frattempo, oltre ai velivoli “scramblati” erano state portate in prontezza di 15 minuti altre tre coppie a Trapani, Grosseto e a Gioia del Colle, che terminata l’operazione hanno ottenuto la release.
Questi i fatti.
La notizia di questa operazione, peraltro impeccabile nella gestione e nell’esecuzione, ha suscitato un grande clamore da parte dei mass media, probabilmente non abituati a certe attività che per l’Arma Azzurra sono più o meno una routine da moltissimi anni. Come ha affermato il Maggiore Francesco Barontini portavoce del COFA, intervenuto in numerose occasioni sia alla radio che in televisione per tranquillizzare l’opinione pubblica sulle modalità e sulle procedure di identificazione e scorta, peraltro pressappoco usuali, l’episodio del 27 ottobre non ha fatto che sottolineare l’efficienza ed il livello di prontezza del sistema difensivo nazionale, potenziato dopo l’11 settembre. Procedure standard, regole d’ingaggio precise, una catena di comando e controllo con compiti delineati.
Ma, se da una parte l’Aeronautica ci garantisce una reazione immediata ed efficace, dall’altra non è chiaro come potrebbe essere gestita una situazione d’emergenza che vedesse un aereo civile dirottato da terroristi-kamikaze e utilizzato per un attacco verso obiettivi sensibili.
Come ha avuto modo di ricordare in più di un’occasione il Ministro della Difesa On. Martino, a differenza di quel che accade in altri paesi, in Italia la legge non permette di abbattere aerei civili per nessuna ragione. In Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, a seguito degli attacchi al World Trade Center e al Pentagono sono state attivate, mediante dispositivi di legge ad hoc, delle catene di responsabilità che risalgono fino massimo vertice dell’Esecutivo. Un provvedimento legislativo simile andrebbe quantomeno discusso anche da noi. E’ spontaneo porsi una domanda: ma qualora l’aereo danese invece di sorvolare la penisola in compagnia dei nostri F-104 armati di “Aspide” “Sidewinder” avesse deciso di dirigere verso il Vaticano o verso il Colosseo, chi si sarebbe preso la responsabilità di ordinarne l’abbattimento? Di fatto non si sa, quindi, stando così le cose, oggi si starebbe a parlare di un aereo kamikaze che ha distrutto uno dei simboli del nostro malgrado ci fossero il tempo e i mezzo per evitarlo. Speriamo non si debba mai arrivare a questo.

© David Cenciotti