Questo articolo è stato pubblicato sul numero 04/17 di Rivista Aeronautica

25 giugno 2017 – Sono seduto nello studio RAI allestito sulla spiaggia di Marina di Grosseto. Sto parlando, in diretta TV, a milioni di telespettatori, spiegando in termini comprensibili a chi ci guarda da casa, le caratteristiche degli HH.139, C-27J ed Eurofighter Typhoon dell’AM che si esibiscono alle mie spalle nell’ambito del Grosseto airshow. “Quando ho iniziato, non avrei mai pensato di arrivare fin qui” è il pensiero che mi balena per la mente. Ed è proprio con questa frase, letta o sentita centinaia di volte nei contesti più disparati, che potrei riassumere la mia esperienza di giornalista aeronautico su Internet; un’esperienza che mi ha visto lanciare e gestire un blog, TheAviationist.com, che nel corso di poco meno di un decennio è divenuto, numeri alla mano, uno dei siti di aviazione militare più visitati e seguiti del mondo. Eppure, quando nel 2006, con il tesserino da giornalista pubblicista già in tasca e centinaia di articoli pubblicati sulle principali testate specialistiche italiane ed estere (inclusa la RA), iniziai a pubblicare i primi contenuti utilizzando la piattaforma WordPress (ovvero il Content Management System che utilizzo tutt’ora) ero, almeno per quanto riguarda il panorama italiano, una specie di pioniere: il mondo assisteva all’affermazione del fenomeno delle fashion blogger ed io, attraverso fotografie, curiosità, e commenti ai fatti di cronaca aeronautica, pubblicati a corredo della mia attività giornalistica tradizionale, contribuivo alla nascita della figura del “blogger aeronautico”.

Le prime due pagine dell’articolo pubblicato su Rivista Aeronautica 04/17.

Scrivendo in lingua inglese, raggiunsi gradualmente un numero impressionante di lettori: un’audience di appassionati ed addetti ai lavori, interessati, come il sottoscritto, a tematiche di nicchia come lo studio dettagliato delle operazioni aeree, i reportage in volo, le tecnologie di nuova generazione (incluse quelle cyber), l’analisi tecnica degli incidenti o degli inconvenienti di volo, o l’applicazione di tecniche OSINT (Open Sources Intelligence) al mondo aeronautico. Temi affrontati da un giornalista, appassionato, ma con un solido background tecnico (incluso un brevetto da pilota privato), e con l’evidente vantaggio, rispetto ad un media tradizionale, di non essere legato alle normali dinamiche di redazione o al ciclo di vita di un mensile, ed in grado quindi di “uscire” con una notizia o con una curiosità per i lettori, nel giro di qualche ora.
Così, mentre i siti di riviste aeronautiche storiche, come Aviation Week o Flight, con redazioni da decine di giornalisti diventavano il riferimento per le news “classiche”, come i nuovi contratti di acquisizione o i saloni aerospaziali, The Aviationist si affermava come un blog competente quanto “agile”, aperto agli input dei lettori: il sito attraverso il quale scoprire in anteprima mondiale che i resti dell’elicottero utilizzato durante il raid per uccidere Osama Bin Laden suggerivano l’esistenza di una variante LO (Low Observability), del Black Hawk fino ad allora totalmente sconosciuta; dove leggere una disamina tecnica delle ragioni per cui il “Qaher”, il nuovo caccia stealth iraniano presentato a Teheran, fosse poco più che un giocattolo; o dove trovare spiegate, giorno per giorno, le operazioni aeree della coalizione sulla Libia.

L’editing del blog

Scrivere un articolo per un blog può richiedere dai 10 ai 60 minuti, a seconda del tema e della presenza di foto o infografiche da modificare o delle quali verificare l’origine (per evitare di violare copyright vari): per motivi di spazio e per esigenze di time-to-market, difficilmente il livello di approfondimento di un post raggiunge quello di pezzo pubblicato sulla carta stampata motivo per il quale gli articoli non sono lunghi e si prestano ad una lettura veloce, che non richieda più di 2 o 3 minuti.
Normalmente scrivo la sera, nel weekend o non appena ne ho la possibilità. Alcuni articoli, non legati a fatti di cronaca, vengono schedulati con giorni, se non settimane di anticipo, programmandone la pubblicazione in modo tale che avvenga ad un determinato orario di una certa data, ad esempio in concomitanza con una certa ricorrenza. Questi articoli, i cosiddetti “evergreen” sono estremamente importanti per garantire un costante aggiornamento del blog, cui contribuisce anche un piccolo team di collaboratori internazionali.
Con il passare degli anni, il contributo dei lettori è diventato uno dei fattori di maggior successo del blog: se agli inizi impiegavo una gran parte del tempo nella ricerca di argomenti interessanti e coerenti con la linea editoriale, oggi ricevo continuamente suggerimenti, segnalazioni e “veline” da appassionati ed addetti ai lavori di tutto il mondo che mi permettono di essere aggiornato sulle cose più interessanti che avvengono nel mondo aeronautico o di scoprire immediatamente delle “chicche” che si tramutano rapidamente in un articolo o in un commento sul blog. La mia attività di blogger è pertanto diventata più editoriale che “investigativa” e la parte più onerosa del lavoro è nella verifica dell’attendibilità delle fonti e della veridicità delle notizie, o nella scelta di quelle adatte alla pubblicazione, che nella redazione dell’articolo vero e proprio. Ovviamente, anche in questo settore è fondamentale affidarsi a fonti conosciute, procedere a verifiche incrociate e non dare nulla per scontato: fare da cassa di risonanza per una “bufala” o per una “fake news” apparsa su un forum o su una pagina Facebook, è un rischio sempre presente. Un effort considerevole è richiesto anche dalla moderazione dei commenti agli articoli: sul blog ci sono attualmente qualcosa come 40.000 commenti, ognuno dei quali è stato verificato ed approvato manualmente per evitare la pubblicazione di spam, contenuti off topic, inappropriati od offensivi, flame (ovvero scambi di insulti tra lettori) ecc.

Pag. 3 e 4 dell’articolo pubblicato su RA 04/17.

Nell’epoca del Web 2.0, un blog di successo rappresenta un vero e proprio brand con una presenza importante anche sui principali social network, attraverso il quale la “community” dei followers viene mantenuta aggiornata sulla produzione editoriale, sui progetti futuri, e non solo. The Aviationist non è un’eccezione. Oltre ad essere un marchio registrato, il blog è presente su Facebook, Twitter, Pinterest, Instagram e Google+, con centinaia di migliaia di like e followers, ed ha anche un canale Youtube (utile anche come piattaforma per effettuare l’embedding dei video pubblicati all’interno degli articoli). Non basta avere un account per avere successo sui social: l’attività su questi network deve essere, oltre che costante, anche in linea con le caratteristiche degli stessi. È importante comprendere il tipo di contenuto da condividere e differenziare opportunamente i post: in altre parole, anche la gestione dei social è un vero e proprio lavoro.

La gestione “sistemistica”

Gestire un blog come The Aviationist, da 4.100 articoli pubblicati, 1.5M di visitatori al mese e picchi da 270.000 visite al giorno significa fare i conti con tutta una serie di problematiche che vanno ben al di là della pubblicazione degli articoli. Quando ci si confronta con “giganti” a livello mondiale come gli ottimi FoxtrotAlpha, War Is Boring o The War Zone, che hanno alle spalle dei grandi gruppi editoriali, è necessario essere sempre pronti ad innovare e mantenersi, più che al passo con i tempi, in anticipo. Forte degli studi di Ingegneria Informatica, ho spesso utilizzato il mio sito per testare nuove soluzioni per migliorare il “prodotto”, ed è in quest’ottica che The Aviationist è stato il primo blog ad avere una App mobile ed il primo a sfruttare i benefici del protocollo HTTP 2.0 per rendere più veloce e sicuro il caricamento degli articoli. Al tempo stesso, con l’aumentare del traffico e l’arrivo dei primi banner pubblicitari che hanno permesso al sito di auto-finanziarsi e generare degli utili, è incrementato anche il numero degli attacchi informatici mirati a modificare il contenuto delle pagine, rendere inaccessibile il sito o, peggio, distribuire codice malevolo a centinaia di migliaia di visitatori. Se all’inizio riuscivo a gestire tutti questi aspetti in autonomia, passando nottate insonni a cercare di ripulire la homepage dall’ultimo malware con l’aiuto di un socio (che dietro le quinte gestisce anche tutti gli aspetti di marketing e vendita connessi al blog) e qualche volenteroso amico, a mano a mano che il sito è passato da una dimensione amatoriale ad una dimensione professionale, oltre ad avviare una piccola società e creare un team dedicato, ho dovuto ricorrere anche ad altre soluzioni. Prima tra tutte, l’outsourcing della security. Il sito è in un datacenter estero ed il traffico è filtrato da un Web Application Firewall gestito da una società specializzata che garantisce la difesa dagli attacchi oltre che il caching dei contenuti. Un sistema automatico verifica la raggiungibilità del sito notificando immediatamente una problematica di rete ai sistemisti che hanno in carico la gestione del servizio. Inoltre, il blog è pubblicato in HTTPS con un certificato digitale che attesta l’identità del sito e garantisce l’integrità della sessione instaurata da parte dei browser degli utenti. Infine, tutti i contenuti e il DB sono costantemente salvati su uno spazio sicuro sul cloud per velocizzare le attività di ripristino in caso di problemi.

Influencer vs Haters

La crescente popolarità del blog si è tradotta in una notevole esposizione mediatica: ho iniziato a collaborare in qualità di esperto con i media di tutto il mondo: dalla BBC, al Wall Street Journal, Daily Mail, al Corriere della Sera, a Fox News, che oltre a citare The Aviationist su base quasi quotidiana, molto spesso mi chiedono di commentare eventi di cronaca o avvenimenti aeronautici. Oltre a portare alla verifica dei miei account Twitter e Facebook (un “privilegio” normalmente riservato alle celebrities), il seguito di The Aviationist ha fatto anche aumentare il numero di inviti ricevuti da parte di forze armate e industrie aerospaziali di tutto il mondo per prendere parte ad esercitazioni, media briefing, airshows o executive briefings, aprendomi le porte a reportage “in prima linea” e ad esperienze di volo a bordo degli aerei di quasi tutte le nazionalità. Lo scopo, com’è comprensibile, è quello di sfruttare la capacità di influencer del blogger per arrivare ad un numero molto elevato di lettori, in qualsiasi angolo del pianeta.

Le ultime due pagine dell’articolo. Tutte le foto sono dell’autore.

Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia. Al di là dei molteplici tentativi di imitazione, il più interessante effetto collaterale di tale “fama” è stato sicuramente l’aumento dei “critici professionisti”, dei “trolls” e degli “haters”: lettori o followers, spesso anonimi, che criticano senza alcuno scopo costruttivo gli articoli sul blog o sui social indipendentemente dalla qualità degli stessi, per presunti legami o servilismo nei confronti di questa o quella società aerospaziale o per l’opinione espressa relativamente ad un sistema d’arma. Alcuni sono dei veri e propri denigratori aprioristici che invece di guardare all’esperienza e alla professionalità del blogger, alludono a “santi in paradiso” o raccomandazioni di vario genere ogni qual volta al blog viene conferito un riconoscimento o al sottoscritto viene offerta l’opportunità di effettuare visita esclusiva o un volo su jet. Ma si sa, il web ha dato voce a tutti ed il consiglio in tal senso è quello di ignorare certi commenti, che il più delle volte, se raffrontati alla realtà dei fatti, qualificano sufficientemente l’autore, senza necessità di repliche.

© David Cenciotti