Questo articolo è stato pubblicato sul numero 184, Febbraio 2002 di Aeronautica & Difesa

Coloro che negli Stati Uniti teorizzavano la fine della QRA, Quick Reaction Alert (Allerta con Reazione Rapida), come naturale conseguenza della fine della Guerra Fredda, si sbagliavano di grosso. Ma sbagliavano anche coloro che ritenevano che alcune cellule d’allarme pronte al decollo su una manciata di basi potessero prevenire disastri come quelli di New York e Washington. Infatti, malgrado non sia più necessario mantenere attive 89 basi con 3.000 aerei pronti al decollo su allarme per contrastare i bombardieri sovietici come avveniva in piena Guerra Fredda, i fatti dell’11 settembre hanno dimostrato che la Difesa Aerea deve essere rinforzata per poter costituire il principale strumento di difesa degli Stati Uniti. La Difesa Area non deve essere solo una componente numerosa, ma anche (e soprattutto) veloce nel contrastare la minaccia, altrimenti fallisce. Sembrerà strano, ma si è parlato di vari fallimenti nelle analisi delle stragi del World Trade Center e del Pentagono, CIA, NSA, Echelon, ma nessuno ha parlato del fallimento della Difesa Aerea americana così come è stata concepita dopo la fine della contrapposizione tra blocchi. Non fraintendiamo: non stiamo addossando la colpa di quel che è successo ai poveri piloti a stelle e strisce, probabilmente il fallimento è da attribuirsi a chi pensava che bastassero 7 “alert facilities” (Portland, March, Ellington, Tyndall, Homestead, Langley e Otis) per difendere il continente americano. Non c’è neanche l’attenuante che i nuovi scenari abbiano colto le forze statunitensi alla sprovvista. Pochi sanno che già prima che i B-757 e 767 fossero scagliati come missili contro dei simboli della potenza americana, la Difesa Aerea aveva già il compito di difendere gli USA da dirottamenti, aerei kamikaze, aerei in grado di trasportare armi chimiche e volantini, contrabbandieri ecc. Questo prima, diamo ora un’occhiata a cosa è cambiato e come gli Stati Uniti hanno fatto fronte all’emergenza.

Noble Eagle

L’Operazione “Noble Eagle” (Aquila Nobile) è iniziata a pochi minuti dalle stragi dell’11 settembre quando i primi velivoli intercettori decollavano in modo disordinato dalle varie basi dell’East Coast per difendere Washington DC e New York da altri eventuali aerei-kamikaze che potessero mettere a repentaglio l’incolumità delle principali metropoli statunitensi. Le prime missioni erano Escort (scorta, armata e non) e Visual Identification, VID, di tutti gli aerei civili sospetti: i velivoli decollavano in una sorta di “Scramble continuo” (in pratica, non appena pronti al decollo) e si dirigevano sulle due città colpite occupandone tutto lo spazio aereo sovrastante. Gli aerei erano guidati, a seconda della base di provenienza, dal NORAD (North American Air Defence, il comando della difesa aerea del Nord America costituito nel 1958 e basato a Cheyenne Mountain, Colorado) , dagli E-3 AWACS e dagli E-2C che assegnavano alle varie “flight” (formazioni) dei blocchi di livelli che assicurassero la deconfliction sia con i traffici civili che con gli altri velivoli militari. La saturazione di porzioni di spazio aereo rendeva necessaria l’assegnazione degli stessi blocchi di livello anche a differenti formazioni che quindi si dividevano le orbite di pattugliamento coabitando alle stesse quote e dando luogo a spettacolari formazioni miste.
Alle operazioni dei primi giorni hanno partecipato praticamente tutti i velivoli in dotazione all’USAF, all’ANG e all’AFRes, ma anche alla US Navy e ai Marines; quindi non solo velivoli da superiorità aerea con relativo supporto (AEW e tankers), ma anche bombardieri, anticarro, Joint Stars e aerei da guerra elettronica, in poche parole tutto quello che poteva essere assemblato per cercare di individuare terroristi operanti dall’interno degli Stati Uniti e degli stati limitrofi , in cielo, in mare o in terra. Grazie alla contemporanea chiusura dei cieli americani al traffico commerciale, per alcuni giorni, i velivoli americani ,dando prova di un’ottima integrazione interforze, hanno garantito la sicurezza degli Stati Uniti ed hanno permesso ai “decision makers” americani di stabilire in relativa calma l’esatto equilibrio di forze da assegnare alla Noble Eagle e alle altre operazioni contemporanee (come l’Enduring Freedom o le Northern e Southern Watch), le aree di operazioni, le regole di ingaggio (ROE, Rules Of Engagement) e tutti i dettagli operativi di una missione che si sarebbe svolta, H24, per 7 giorni alla settimana, per 365 giorni l’anno senza soluzione di continuità. L’andamento della “Noble Eagle” è stato contrassegnato fin dall’inizio da un’estrema dinamicità: un’operazione di tale portata necessita di continui miglioramenti resi necessari dagli sviluppi della politica estera, dalle nuove informazioni ricevute dalle fonti di intelligence e dai primi debriefing post-missione degli equipaggi impegnati.

Gli AWACS

Le prime analisi “a caldo” hanno evidenziato subito una grave criticità: l’esiguo numero di velivoli AWACS da poter destinare alla sorveglianza dell’enorme spazio aereo americano visto l’impegno previsto della flotta di E-3B e C del 552nd ACW (Air Control Wing) di Tinker AFB, Oklahoma, nell’imminente campagna in Afghanistan. Invocando l’Articolo 5 del Trattato di Washington del 1949 (che in pratica stabilisce che ogni attacco perpetrato nei confronti di uno stato membro costituisce un attacco contro tutta la NATO), gli Stati Uniti il 7 ottobre richiedevano ufficialmente alla NATO di rischiarare a Tinker un distaccamento di velivoli E-3A della componente multinazionale basata a Geilenkirchen in Germania. I primi due di una flotta complessiva di cinque velivoli assegnati dalla NATO all’operazione battezzata “Eagle Assist”, decollavano dalla base tedesca il 9 ottobre per attraversare l’Oceano in quella che rappresenta una vera e propria “prima”: il rischiaramento di mezzi e uomini (180) appartenenti a 13 paesi della NATO, tra cui l’Italia, negli Stati Uniti per svolgere missioni di difesa dei cieli americani. Con gli aerei forniti dalla NATO è salito a 20 il numero delle piattaforme AWACS costantemente in volo per fornire la scoperta, l’identificazione ed il controllo degli aerei in volo nelle aree di competenza. Malgrado sia molto elevato, sembrerebbe che a causa dei fermi-macchina, di eventuali avarie, manutenzioni e per la necessaria turnazione del personale assegnato, il numero di aerei-radar sia insufficiente per coprire l’intero spazio aereo USA e gli aerei-radar sono quindi “assegnati” solo alle principali città. La prima “lesson learned” è stata quindi che per evitare il ripetersi di eventi come quelli dell’11 settembre per mettere in piedi un’operazione come la “Noble Eagle” anche una forza aerea come l’USAF ha bisogno di più AWACS. E’ per questo che in questo tipo di missione gli E-3 dell’USAF e della NATO sono coadiuvati dai P-3 dell’US Custom Service (dotati di radome ed operanti anch’essi da Tinker che è diventata il Quartier Generale delle missioni Airborne Early Warning) e dai radar del traffico aereo dell’FAA. Una procedura più snella di coordinamento tra enti civili e militare permette tempi di comunicazione minori e reazioni più immediate. Qualora la Federal Aviation Authority noti qualcosa di strano in un volo commerciale o riscontri delle discrepanze tra il piano di volo presentato e la Diplomatic Clearance, notificherà la cosa con estrema rapidità al NORAD. Prima dell’11 settembre, la Difesa americana era orientata a sorvegliare la “periferia” e al di là dei propri confini: le minacce per gli Stati Uniti erano gli attacchi a mezzo di “Cruise” lanciati da sottomarini e/o da bombardieri, o gli attacchi con missili balistici. Da settembre i radar, i sensori e i caccia del NORAD sono focalizzati sulle eventuali minacce interne ed in questo contesto i normali radar ATC (Air Traffic Control) risultano utilissimi. Allo scopo di avere una copertura ancora più granulare dello spazio aereo anche l’US Army ha provveduto a installare molti radar mobili in varie zone del paese.

Rifornimento in volo

Se le piattaforme radar aerotrasportate sono indispensabili per una qualsiasi missione di Difesa Aerea nei moderni scenari operativi, altrettanto imprescindibili sono i tanker, le cisterne volanti. Assegnati alla “Noble Eagle” sono 75 rifornitori KC-135, i cui equipaggi sono per il 75% provenienti dall’ANG e dalla Reserve. Di questi, 20 sono in volo ogni giorno per garantire l’adeguato supporto ai fighters e 40 sono in allerta, con tempi di reazione variabili ma tali da garantire un ricambio continuo in caso di necessità. I tanker permettono alle formazioni di caccia di mantenersi nella propria FAOR (Fighter Area of Responsibility) per 4-5 ore con una media di 2-3 rifornimenti per ogni volo. Talvolta, se necessità operative lo impongono, i caccia possono apportare delle variazioni tattiche alle missioni stabilite dall’ATO (Air Tasking Order) giornaliero e necessitare quindi di ulteriori pop-up con i tanker che permettono loro di estendere il tempo on-station. Oltretutto, nei casi in cui una coppia di caccia viene dirottata dalla propria CAP-station per intercettare un aereo sospetto e scortarlo fino all’atterraggio (proprio come avvenuto il 22 dicembre scorso con il volo American Airlines 63 Parigi-Miami che aveva a bordo il terrorista con passaporto inglese Richard Colvin Reid che avrebbe tentato di far esplodere l’aereo in volo con dell’esplosivo nascosto nei tacchi delle scarpe) è molto probabile che si diriga verso lo “zombie” a velocità supersonica, con Full AB (Massimo Post-Bruciatore) e consumi quindi molto carburante. Un ulteriore rendez vous gli consentirebbe sia di ri-posizionarsi in CAP al termine dell’operazione che di tornare alla base senza costringere ad una diversione all’alternato. Non è infine da trascurare il fatto che il rifornimento in volo, avendo luogo subito dopo il decollo, permette agli intercettori di decollare lasciando a terra i pesanti (ed ingombranti) serbatoi supplementari per far posto a più missili aria-aria.

I caccia

Il nocciolo duro della “Noble Eagle”, la componente armata di deterrenza, è comunque costituita dalla Caccia: il NORAD dispone di più di circa 120 velivoli dell’Air National Guard e della Air Force Reserve, basati su 26 aeroporti, per garantire la sovranità e la sicurezza dei cieli americani; altri 100 costituiscono la riserva ai velivoli di prima linea. I velivoli, F-16A, B, C e D, e F-15A e B sono costantemente in volo per contrastare qualsiasi minaccia aerea al territorio statunitense. Il concetto è semplice: per far decollare una coppia di caccia su “Scramble” cioè su allarme, ci vogliono circa 15 minuti; meglio avere gli aerei armati già in volo sulle aree sensibili. Oltretutto, in “tempi normali” (per intenderci, prima degli attacchi kamikaze al World Trade Center e al Pentagono) i reparti impegnati nel turno d’allarme, approntavano in Quick Reaction Alert, QRA, una coppia di velivoli, più uno di riserva. Oggi, già in volo in ogni momento, ci sono almeno tre velivoli per ogni formazione e le formazioni in volo contemporaneamente sono almeno un paio in modo tale che qualora ci sia l’esigenza di identificare una traccia comparsa sugli schermi radar del NORAD una flight non lasci del tutto sguarnita la città che sta difendendo per intercettarla. L’11 settembre, i gruppi non impegnati nel turno d’allarme ci misero 90 minuti per armare i primi aerei e mandarli in volo.
L’armamento standard dei caccia è costituito da 2 missili AIM-120 “Slammer” e 2 AIM-9M “Sidewinder” anche se in caso di necessità possono essere create configurazioni più offensive con 4 AIM-120 e 2 AIM-9. Nei voli notturni i piloti utilizzano i Night Vision Goggle per l’identificazione visiva degli “zombie” (gli aerei intercettati) e per l’avvicinamento ai tanker.
Le ROE, le regole d’ingaggio, sono molto ferree e prima di sparare un missile contro un aereo commerciale, un pilota dovrebbe seguire una serie abbastanza lunga di verifiche, un processo di autenticazione molto dettagliato che prevede l’identificazione visiva del bersaglio, e ricevere l’adeguata autorizzazione da terra: i piloti, non avrebbero alcuna discrezionalità in merito. Purtroppo in Italia non esiste ancora nulla di simile e nel malaugurato caso di attacco terroristico condotto con un aereo kamikaze, non è stabilito a chi spetterebbe autorizzare l’abbattimento dell’aereo civile mettendo a serio rischio le possibilità di risposta ad un attacco da parte dell’Aeronautica Militare e dei suoi piloti.
Gli equipaggi appartengono per l’80%, alla Guardia Aerea Nazionale; ogni gruppo ha oggi una dotazione di circa 700-800 piloti, più o meno il doppio di quelli che erano assegnati ai reparti l’11 settembre, frutto dei 13.000 riservisti che il Pentagono ha richiamato al servizio nei ranghi dell’USAF. Si dice che i primi piloti civili fossero già in base poche ore dopo gli attentati terroristici, offrendosi spontaneamente di contribuire alla difesa degli Stati Uniti ben prima che Bush autorizzasse il 14 settembre, il richiamo in servizio di un massimo di 50.000 riservisti. La motivazione degli equipaggi non manca di certo nella “Noble Eagle” e questo è un elemento fondamentale visto che le missioni, il più delle volte sono routinarie e logoranti. Non è facile volare per molte ore su un orbita ellittica che ogni 30 miglia nautiche costringe ad una virata di 180°. Ai caccia (ogni Squadron ne ha destinati allo svolgimento dell’Operazione “Noble Eagle” 15-20 a seconda delle sue dimensioni) sono assegnate orbite di pattugliamento e istradamenti di entrata e uscita dall’area di operazioni prestabiliti, in modo da assicurare la sicura coesistenza con il traffico civile che affolla il bacino aeroportuale della Grande Mela. I caccia per non interferire con le rotte di avvicinamento al Kennedy, al La Guardia o a Newark (ma anche per motivi di autonomia e di inquinamento acustico), orbitano a quote molto elevate, con le antenne dei radar indirizzate verso il basso ad identificare, con gli AWACS e i centri radar di terra, tutte le tracce che compaiono sugli schermi dei radar. La minaccia più temibile oggi è costituita da piccoli aerei da turismo o addirittura elicotteri che possano tentare di mettere in opera azioni dimostrative o addirittura attacchi bio-terroristici. Generalmente i velivoli si dispongono sui tratti paralleli delle orbite ellittiche cosicché quando un aereo si trova inbound ad una delle due virate, l’altro si trova nel verso opposto, cioè outbound in modo da coprire con il proprio radar una porzione di spazio aereo maggiore.

La componente da trasporto

L’impegno richiesto per mantenere una tale forza aerea in volo 24 ore su 24 è enorme, forse anche maggiore di quello richiesto per lo svolgimento di una campagna come l’Enduring Freedom (se non fosse per il fatto che la guerra si svolge a grande distanza dalla madrepatria). Un contributo molto importante è quello messo in atto dalla componente Airlift della “Noble Eagle”; un minimo di 40 (su un totale di 50) C-130 è quotidianamente disponibile per il supporto alle forze di difesa americane garantendo la movimentazione del personale e delle parti di ricambio tra le varie basi impegnate. Anche questo settore è quasi totale appannaggio dell’ANG e dell’AFRes che forniscono il 75% degli equipaggi.

© David Cenciotti