Questo articolo è stato pubblicato sul numero 02/09 di Rivista Aeronautica
Abbiamo preso parte ad una missione addestrativa a bordo di un SIAI 208M della 637^ Squadriglia Collegamenti impegnato in una complessa esercitazione di Difesa Aerea degli F-16 del 37° Stormo di Trapani. Un’occasione unica per comprendere le procedure e le tattiche adottate dagli assetti della Difesa Aerea per l’intercettazione di velivoli di piccole dimensioni, in volo a bassa quota e a bassa velocità: gli Slow Mover.
Attraversiamo la Zona Operativa della base di Trapani Birgi percorrendo la strada aeroportuale che dall’ingresso dell’installazione conduce al 10° e al 18° Gruppo, situati nell’area adiacente alla testata pista 13. Siamo nel lato “settentrionale” dell’aeroporto, quello prettamente militare, un microcosmo costituito da edifici, infrastrutture, piazzali ed aree di manovra utilizzati dal 37° Stormo e dagli altri (numerosi) reparti che insistono sulla base: l’82° Gruppo SAR, la FOB (Forward Operating Base) della NATO Airborne Early Warning & Control (NAEW&C) Force, il 305° Distaccamento Ordinario dei Lavori del Demanio, il 6° Laboratorio Tecnico di Controllo e la Squadriglia Telecomunicazioni. Dall’altra parte della pista c’è invece l’area dello scalo civile, una zona “promiscua” poiché, oltre ad accogliere l’aerostazione e gli edifici dell’aviazione generale, ospita anche gli hangar utilizzati dagli HH-3F, situati sul piazzale “Zulu”. La “casetta” della 637^ Squadriglia Collegamenti è ai bordi di una delle margherite che costellano il raccordo “Betty”, l’anello sul quale si affacciano anche gli shelter, la linea volo F-16 e le strutture del GEA (Gruppo Efficienza Aeromobili). Ad attenderci, il maggiore Marco Tolone, unico ufficiale (oltre che comandante) della Collegamenti. Sarà lui a portarci in volo con il SIAI 208M in dotazione al reparto, nell’ambito di una missione SMI (Slow Mover Interceptor) addestrativa del 37° Stormo. La Squadriglia ha infatti un doppio ruolo: oltre a quello tradizionale, di trasporto a breve raggio, ce n’è uno secondario, più “occasionale” che “istituzionale”, che vede il reparto contribuire all’addestramento dei due gruppi di base nelle missioni di Difesa Aerea; missioni in cui il velivolo in dotazione svolge il ruolo dello Slow Mover. Un ruolo che si addice perfettamente al monomotore SIAI che è piccolo, lento e dotato di una discreta autonomia. Sebbene la maggior parte delle missioni SMI svolte a scopo addestrativo dal 37° si svolga secondo il classico schema proposto dalle esercitazioni Giopolis o Spring Flag e dalle operazioni reali della serie “Jupiter”, la minaccia Slow Mover non si esaurisce con il velivolo renegade o con l’aereo-kamikaze da contrastare con velivoli già in CAP (Combat Air Patrol). Dal momento che è impossibile tracciarne un identikit univoco, tali e tante sono le forme nelle quali la minaccia potrebbe concretizzarsi (si va dal velivolo da turismo carico di esplosivo, al “paperozzo” autocostruito fuori rotta senza radio, all’ultraleggero a motore che penetra una No-Fly Zone per lanciare dei volantini sulla sede di un vertice, e così via), anche scenari “improvvisati” frutto di incontri occasionali all’interno del CTR fra F-16 addestramento e S.208 in navigazione, possono essere utili per mettere alla prova le capacità degli intercettori di confrontarsi con target lenti, di dimensioni inferiori alla media e difficili da acquisire visivamente. Talvolta, a fare la parte degli Aggressors (si fa per dire) sono gli HH-3F dell’82° Gruppo con i quali i piloti del 10° e del 18° Gruppo si addestrano di tanto in tanto all’intercettazione di Slow Mover ad ala rotante. Un’attività che si è rivelata particolarmente utile il 4 luglio 2008, quando la cellula del 37° Stormo in Servizio Sorveglianza Spazio Aereo (SSSA) è decollata su allarme per identificare e scortare un elicottero militare delle forze aeree del Gabon, proveniente da Kerkira, in Grecia, e diretto all’aeroporto di Palermo Punta Raisi, privo delle autorizzazioni richieste per l’atterraggio nello scalo italiano.
Tolone ci illustra il programma del volo, inserito nel contesto di una missione che coinvolge complessivamente 4 velivoli. Approfitteremo di una normale sortita addestrativa prepianificata del 10° Gruppo, che nello slot della tarda mattinata ha previsto il decollo di 2 F-16 ADF, nominativo “Picca 11”. Ai comandi dei 2 velivoli, il capitano Francesco Miranda e il tenente Marco Zennaro che decolleranno su allarme (simulato) per intercettare un terzo F-16 di Stormo, pilotato dal capitano Andrea D’Aleo, già in volo come single ship. La missione inizierà quindi con il più classico dei Tango Scramble: gli intercettori adotteranno le stesse procedure utilizzate in caso di Alpha Scramble (decollo su allarme reale); la grossa differenza è che il velivolo da intercettare, oltre ad essere friendly, è anche in possesso di un regolare piano di volo IFR (Instrumental Flight Rules), vola sotto controllo radar all’interno della R-106 (un’area riservata al volo militare situata grossomodo sul centro della Sicilia) ed è in contatto radio bilaterale con il CRC di area, nel caso specifico il 34° GRAM (Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare) di Siracusa. Come ci spiega il tenente Zennaro: <>. Oggi, dopo aver “condito” l’intercettazione del velivolo pilotato da D’Aleo con un po’ di BFM (Basic Fighter Maneuvers) i due F-16 si separeranno dal primo target e punteranno nuovamente verso il TACAN di Trapani iniziando l’ultima fase della missione, quella che ci vede direttamente coinvolti nella veste di “cattivi”. Voleremo a bassa quota nel CTR (inutile allontanarsi troppo) e non risponderemo alle chiamate radio sulle frequenze del controllo di Avvicinamento, per non rendere nota la nostra posizione alla coppia di intercettori e facilitargli troppo il compito. Inoltre, il GCI sarà unable ovvero non potrà fornire assistenza ai due F-16 durante la fase di ricerca, che dovranno condurre in autonomo tutta l’intercettazione. Uno scenario SMI in piena regola con tanto di complicazioni, pur con le approssimazioni indotte dalla necessità di condensare in un’unica sortita diversi eventi addestrativi e dall’esigenza di calare l’attività con lo Slow Mover in un contesto esercitativo più ampio.
Concordati gli ultimi dettagli con gli altri equipaggi e completato il coordinamento con il BOC (Base Operation Center), ci dedichiamo alla pianificazione della nostra missione. Andremo in volo con il SIAI 208M, Matricola Militare 62009, targato “2-60”. Il nostro nominativo sarà “I-2009”. Lo step è previsto alle 11.30, il tempo è sereno, il bird status “low”, le radioassistenza di base sono funzionanti e non ci sono NOTAM di nostro interesse lungo la rotta prevista. Decolleremo alle 12.00 locali e nell’attesa dell’arrivo degli intercettori eseguiremo una navigazione lungo le rotte standard previste per i traffici VFR all’interno della zona di controllo di Trapani. Tolone ci illustra le procedure di abbandono rapido del velivolo da adottare in caso d’emergenza e ci spiega cosa toccare e non toccare in cabina. Dopodiché ci avviamo a piedi verso la piazzola dove si è appena concluso il rabbocco dei serbatoi del velivolo. Il pilota inizia il walkaround mentre noi iniziamo a prendere confidenza con il cockpit. L’abitacolo è abbastanza confortevole e spazioso, e la visibilità è buona anche nei settori laterali malgrado la configurazione ad ala bassa. Per il resto la strumentazione non riserva sorprese, essendo del tutto simile a quella di un pari classe civile.
Nel giro di qualche minuto completiamo i check, avviamo il motore e iniziamo il rullaggio accodandoci agli F-16 che già impegnano la “sussidiaria”. Se non fosse per le cuffie e per l’interfono sarebbe impossibile interloquire con il pilota a causa del notevole livello di rumore generato dal motore a pistoni Avco Lycoming 0-540-E4A5 da 260 cavalli. Eseguiamo il run up mentre attendiamo all’holding point la partenza della “Picca 11”. Osserviamo i due caccia decollare in Full AB e dopo pochi secondi la Torre ci autorizza alla partenza. “I-2009, allineamento e decollo, pista 31, vento da 300 gradi 10 nodi”: è il nostro turno. Rilasciamo i freni ed entriamo nell’ultimo terzo di pista (più che sufficiente per le odierne condizioni di peso e centraggio) allineando il velivolo con la mezzeria. Gli strumenti sono in arco verde, i flap settati, la bussola allineata: si parte. Tolone spinge con decisione la manetta a fondo corsa, dando inizio alla corsa di decollo del piccolo monomotore. L’accelerazione è lenta ma continua, ed aiutati da un vento teso pressoché frontale, in poco meno di 500 metri, siamo in volo. Sorvoliamo la testata e comandiamo la retrazione del carrello iniziando al contempo un’ampia virata a sinistra per disimpegnare il prolungamento asse pista e riportare direttamente sullo Stagnone, la grande laguna situata un paio di chilometri a Sud dell’aeroporto di Birgi. Con il variometro che segna una velocità verticale di 1000 piedi al minuto, salutiamo la Torre e contattiamo l’Approach dirigendoci verso il South Gate, primo punto di riporto del nostro giro panoramico iniziale. In quota la visibilità è buona ed il cielo è praticamente sgombro da nubi, cosa che faciliterà i piloti degli F-16 nell’acquisizione visiva dello Slow Mover. Non dovrebbe essere un grosso ostacolo neanche la livrea mimetica dell’S.208, che potrebbe camuffarsi abbastanza bene nel patchwork dell’entroterra trapanese: la geometria dell’intercettazione, disegnata utilizzando il radar di bordo, li dovrebbe portare a distanza visiva quando saranno più o meno alla nostra stessa quota ovvero quando la sagoma scura del monomotore a elica si dovrebbe stagliare perfettamente sullo sfondo chiaro del cielo. Semmai, non sarà facilissimo leggere il nostro numero di carrozzella (in rigoroso schema low-visibility), e soprattutto la Matricola Militare che sul lato sinistro della fusoliera è in vernice nera su sfondo verde oliva.
Seguiamo la costa fino a Selinunte, che osserviamo con un paio di orbite che ci permettono di apprezzare da tutti i lati il vastissimo parco archeologico, prima di invertire la rotta. Siamo sempre in “listening watch” su una frequenza di Trapani Approach che verrà utilizzata sia per fornire i riporti di posizione al controllo del traffico aereo, sia per i colloqui air-to-air tra i due F-16 (che in una missione reale si svolgerebbero su una frequenza discrete). Passiamo al traverso di Castelvetrano e quando siamo in vista di Marsala la radio VHF si anima con il check in della “Picca 11”. Gli F-16 si trovano a poco meno di 40 miglia dal TACAN di Trapani, in discesa da FL 240, in formazione fighting wing. Hanno già iniziato la caccia allo Slow Mover, segnalato dal controllore della Difesa Aerea prima dell’handover al controllo di avvicinamento. Noi nel frattempo abbiamo raggiunto il mare e siamo a 3.000 piedi e a 120 nodi. I radar APG-66 degli F-16 ci cercano nello spazio aereo a Sud dell’aeroporto, tra la costa e l’isola di Favignana. Una caccia alla volpe che può essere molto laboriosa: il radar Doppler esclude tutti i ritorni con velocità uguale o inferiore a quella dell’intercettore e può avere problemi a “vedere” palloni aerostatici o ultraleggeri che, oltre ad essere lenti (pressoché fermi), hanno strutture che riflettono solo parte dell’impulso radar. Non è il nostro caso. Il SIAI è completamente metallico e Miranda e Zennaro non ci mettono molto a trovarci e a comunicare il “lock” sulla radiale 225, a 6 miglia nautiche da Trapani. Iniziamo vanamente a cercare le sagome dei due velivoli che sappiamo essere in avvicinamento attraverso i finestrini posteriori del 208. L’intercettazione entra nella fase più delicata: acquisito visivamente il target, uno degli intercettori (mantenendo il “radar-lock”) si posiziona in coda all’intruso ad una distanza di 2 miglia, mentre l’altro avanza sul lato sinistro per leggerne la matricola (o la registrazione, se si tratta di un aereo civile). Qualora la velocità dell’intruso sia più bassa di quella di sostentamento dell’F-16 e questo non possa quindi affiancare il target senza superarlo, viene impostato un circuito a biscotto (o “racetrack”) di 10 miglia nautiche di lato lungo, che porta un intercettore a percorrere il tratto inbound mentre l’altro si trova su quello outbound (e viceversa), in modo tale che uno dei due caccia abbia sempre lo zombie in vista. Nell’eventualità che non sussistano dubbi circa l’identità del target, ma sia comunque necessario osservarne il comportamento, gli intercettori metteranno in pratica lo “shadowing”, ovvero si manterranno in posizione leggermente defilata e seguiranno il velivolo sospetto senza farsi scorgere dal suo equipaggio (o dagli eventuali passeggeri) fino all’uscita dallo spazio aereo nazionale. L’evento SMI odierno è suddiviso in due parti: nella prima, è previsto che il leader della “Picca 11” si avvicini, esegua la VID e comunichi con l’S.208 attraverso il linguaggio di segnali visivi standard previsto dall’ICAO (International Civili Aviation Organization); la seconda prevede che i due intercettori ci scortino fino all’atterraggio mantenendo una posizione leggermente più avanzata rispetto a quella assunta in uno “shadowing” vero e proprio; saranno quindi ben visibili dai finestrini del SIAI e voleranno una formazione stretta piuttosto “scomoda”.
Per quanto bassa, la nostra velocità è compatibile con la configurazione “pesante” degli F-16 (che “montano” d’allarme in configurazione long-range, con una coppia di taniche, un AIM-120, un AIM-9L e il cannone M61A “Vulcan” da 20 mm con 510 colpi) e dopo qualche secondo, l’F-16 del capitano Miranda compare a ore 7, leggermente più alto, in assetto fortemente cabrato. Il caccia avanza lentamente, dopodiché si “ferma” alle nostre ore 10 e ci batte le ali. La prima fase dell’intercettazione si conclude qui, a circa 1000 metri d’altezza sul mare tra Favignana e Marettimo.
Facciamo giusto in tempo a copiare l’ultimo bollettino meteo sulla base, che i due F-16 si sono già riposizionati alla nostra destra e ci “mordono” l’ala. Hanno aerofreni e flap completamente estesi, una configurazione che (a carrello retratto) con il sistema automatico di gestione degli ipersostentatori dell’Electric Jet è possibile ottenere soltanto azionando l’ALT FLAPS switch, che forza flap e slat in posizione DOWN.
Raggiunta l’isola di Marettimo, impostiamo un’ampia virata a destra per dirigerci nuovamente verso la costa, che sorvoliamo in meno di 10 minuti. I due F-16 si separano riprendendo le posizioni che avevano durante la prima fase dell’intercettazione: Miranda è alla nostra sinistra, mentre Zennaro ci tiene sotto tiro, un paio di miglia alle nostre ore 6. Stabilito il contatto radio con gli intercettori su una frequenza concordata puntiamo verso l’aeroporto di destinazione. La Torre ci autorizza ad entrare direttamente nel circuito convenzionale per la pista 13, separandoci dall’altro traffico in zona. Percorriamo il tratto sottovento con gli F-16 che ci seguono. Mentre ci predisponiamo per la virata base Miranda ci fa un po’ di spazio mantenendosi a distanza e quota di sicurezza mentre Zennaro è ancora alle nostre spalle, tra i 50 e i 100 piedi, sul mare, pronto ad intervenire qualora lo Slow Mover, con un colpo di coda, decidesse di andarsi a schiantare su qualche edificio aeroportuale invece di atterrare. Dopo 1 ora e 58 minuti di volo siamo di nuovo con le ruote a terra. Gli F-16 orbitano sul cielo campo attendendo che l’S.208 sia (teoricamente) preso in consegna dai Carabinieri. Liberiamo la pista al “Bravo” e dirigiamo verso la Collegamenti dove, al posto della gazzella dell’Arma, ci attendono gli specialisti, pronti a prendersi cura del prezioso SIAI. L’evento Slow Mover è terminato. Arrestiamo il motore mentre la “Picca 11” si allontana nuovamente verso Sud. Malgrado siano in volo da più di due ore, gli F-16 hanno ancora carburante per una ventina di minuti di volo, che decidono di impiegare per un po’ di attività nel CTR cui farà seguito una serie di circuiti SFO (Simulated Flame Out). Non male per una “normale sortita addestrativa prepianificata”
© David Cenciotti