Questo articolo è stato pubblicato sul numero 199, Maggio 2003 di Aeronautica & Difesa

Ha assunto i contorni di un vero e proprio mistero la sorte di una grossa parte della flotta irachena sopravvissuta alle guerre degli ultimi decenni. Sebbene fosse stata colpita già dalla Desert Storm, l’aeronautica irachena, al momento dell’inizio dell’Operazione Iraqi Freedom, disponeva ancora di una flotta di tutto rispetto. Stando alle stime occidentali, almeno 150 velivoli di prima linea erano ancora “combat ready” (tra cui alcuni Mirage F-1 e Mig-29), in parte nascosti negli shelter delle varie basi aeree del paese e soprattutto dispersi un pò ovunque nel paese. L’Iraqi Air Force (IQAF) costituiva, nell’estate del 1990, la sesta più importante forza aerea del mondo, con un totale di 750 velivoli da attacco, da difesa aerea e da addestramento, e 200 velivoli da trasporto, tanker e AEW (Airborne Early Warning). L’Orbat (Order of Battle, ordine di battaglia) dell’IQAF comprendeva velivoli moderni, come il Mig-29, e caccia di “penultima generazione” tra i quali i Mirage F.1, i Mig-27, Mig-21, i Su-7, Su-20, -22, -24 e –25, o i bombardieri Tupolev 16 e 22.
Durante la prima Guerra del Golfo, l’Iraq perse solo 90 tra aerei ed elicotteri, di cui una quarantina durante combattimenti aria-aria (le cifre sono in realtà discordanti e gli abbattimenti attribuiti ai caccia alleati variano da 39 a 42), 6 andarono distrutti accidentalmente e 16 furono catturati o distrutti dalle forze di terra della coalizione. Inoltre, stando alle dichiarazioni irachene, 100 aerei militari e 33 velivoli civili furono trasferiti in Iran per sottrarli ai raid alleati per un totale di circa 230 aerei di tutti i tipi persi. In aggiunta alle perdite confermate ci sono fonti non ufficiali che parlano di 141 velivoli distrutti all’interno dei 375 shelter attaccati durante la Desert Storm.
In ogni caso, al termine della guerra, una stima ragionevole della composizione della prima linea dell’aeronautica irachena era la seguente: 15 MiG-29, 55 Mirage F.1, 70 MiG-23, 25 Su-25, 45 Su-20/-22 e 4 Tu-22; l’Iran trattenne almeno 15 Il-76, 40 Su-20/22, 24 Mirage F.1, una decina di MiG-23, 7 MiG-25 e 4 MiG-29. Ovviamente, le sanzioni del dopo-Desert Storm, la Desert Fox, e gli sporadici attacchi all’interno delle No-Fly Zone minarono ulteriormente l’efficienza dell’IQAF le cui forze a disposizione si ridussero ulteriormente. Come detto, all’inizio dell’Iraqi Freedom, l’aeronautica del regime era equipaggiata con circa 150 velivoli efficienti. Essendosi sottratti a qualsiasi tipo di scontro in cielo, i velivoli di Saddam potevano essere colpiti solo a terra. Se alcuni di quelli presenti nelle basi aeree sono stati un facile bersaglio per le armi di precisione della coalizione durante la campagna, non lo stesso si può dire per i caccia nascosti nel deserto, camuffati dagli uomini di Saddam Hussein per metterli al sicuro dagli occhi indiscreti dei satelliti e dei velivoli da ricognizione. Sembrerebbe che qualche esemplare “pregiato” sia stato addirittura messo al riparo sotto ai ponti anche se questo tipo di nascondiglio lo avrebbe potuto rendere comunque vulnerabile alla scoperta da parte delle truppe di terra alleate.
Cinquantuno aerei, alcuni dei quali a prima vista efficienti, sono stati scoperti dalle forze di terra australiane nell’aeroporto di Al-Asad, situato nel nord dell’Iraq a circa 180 chilometri a ovest di Bagdad e a 12 a sudovest del fiume Eufrate. L’aeroporto è sempre stato considerato uno dei più importanti del regime iracheno in quanto dotato di due piste parallele lunghe entrambe intorno ai 4.000 metri. La base di Al-Asad è dotata di una trentina di shelter, alcuni dei quali situati in prossimità delle testate della pista più a sud, per favorire un’uscita rapida dal ricovero ed una veloce entrata in pista. Gli shelter sono stati costruiti prima del 1985 da costruttori della Ex Jugoslavia e sono conosciuti in ambito NATO con i nomignoli “Yugos” o “Trapezoids” (a causa della loro forma trapezoidale). I velivoli ritrovati dalle truppe australiane a Al-Asad sono 21 Mig-21 “Fishbed” e 30 Mig-25 “Foxbat”. All’appello mancherebbero un centinaio di velivoli: interi stormi dell’aeronautica irachena. Ciò che è certo è che non si ha notizia dei 45 Mirage F.1 ancora “mission capable” nonostante i problemi di afflusso delle parti di ricambio causati dall’embargo internazionale e dalle sanzioni dell’ONU. Malgrado la presenza di due No-Fly Zone, una a sud e una a nord, i Mirage, sulla scia di quanto avvenuto già nel 1991, potrebbero essere stati trasferiti molto prima dell’inizio dell’Iraqi Freedom (forse proprio da Al-Asad) in uno dei paesi vicini che più o meno apertamente appoggiano Saddam Hussein e il suo regime. Indiziato numero uno è questa volta la Siria che, oltre ad essere stata accusata di aver dato asilo allo stesso Saddam, appoggerebbe il terrorismo islamico e il regime iracheno al punto di aver fornito prima della guerra armi alle truppe fedeli al raìs.

© David Cenciotti