Questo articolo è stato pubblicato sulla Rivista Aeronautica nel 2004

Dopo poco meno di un anno di forzata inattività, l’aeroporto di Cervia è tornato pienamente operativo. L’avvento dell’F-16, velivolo che il 5° Stormo è riuscito a mettere a disposizione a tempo di record del dispositivo di difesa aerea nazionale, ha richiesto un importante adeguamento delle infrastrutture aeroportuali ed un profondo cambiamento di procedure e filosofie d’impiego.

Varchiamo il cancello della base mentre il VAM in servizio all’ingresso ci fa cenno di spegnere il motore e mostrare il passi. Un’accurata e abbastanza insolita ispezione interna ed esterna dell’autovettura e possiamo ripartire, anche se il percorso cui siamo autorizzati è limitato a pochi metri, quelli che bastano per raggiungere un’apposita area di parcheggio prospiciente l’ingresso dell’aeroporto. Giusto il tempo di parcheggiare e siamo immediatamente prelevati da un mezzo militare con il quale potremo raggiungere, accompagnati da una scorta che non ci lascerà durante tutta la visita, l’area operativa dell’aeroporto di Cervia. Superati un paio di check point, raggiungiamo finalmente la costruzione che è il vero e proprio centro nevralgico del 5° Stormo, il WOC (Wing Operation Centre). Tutto il personale militare della base veste con la mimetica e porta a tracolla la sacca contenente la maschera NBC ma non stiamo raccontando le misure adottate da un aeroporti in seguito ad un improvviso attacco a questo lembo di Romagna, siamo semplicemente capitati a Cervia nel bel mezzo della “Diana 01-04”, un’esercitazione organizzata periodicamente dal 5° Stormo per testare la capacità dei suoi gruppi di reagire efficacemente a diversi tipi d’offesa. Si svolgono in media una trentina di “Diane” ogni anno, una ogni due settimane circa. Quella cui potremo assistere è la prima da quando il 23° Gruppo è tornato a prendere parte ai turni di allerta della difesa aerea con un velivolo che ha imposto un adeguamento della base e l’introduzione di nuove procedure. Inoltre, il ciclo di “Diane” di quest’anno è ancora più importante rispetto al passato perché propedeutico al superamento della prima VCO (Verifica Capacità Operativa) che impegnerà il 5° Stormo ad ottobre del 2004, primo importante passo verso l’OPEVAL prevista per il 2005, nella quale osservatori NATO valuteranno la capacità di tutto lo Stormo di continuare ad operare in condizioni degradate da attacchi terrestri ed aerei e sabotaggi di vario genere.
Fuori dal WOC ci attende il Luogotenente Donadoni, Project Officer dell’esercitazione e capo dei “Lupi”, il team di sabotatori che si occupa di preparare la scaletta degli eventi e di valutare la reazione dei vari reparti dello Stormo, che ci illustra rapidamente lo scenario in cui è stata ambientata la Diana 01-04.
Si ipotizza che le manifestazioni indipendentiste in una provincia abitata per il 90% da un’etnia che per tradizioni e credo religioso è molto vicina ad uno stato confinante, siano represse con le armi dalla repubblica cui la provincia appartiene. A nulla è servita la mediazione di altri paesi e neanche una risoluzione dell’ONU è riuscita ad impedire che la violenza dilagasse. L’emergenza umanitaria che ha fatto seguito all’occupazione militare della provincia ha spinto la NATO ad intervenire nell’area con una missione multinazionale di Peace Enforcing sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il 5° Stormo si trova ad operare in prima linea, in uno scenario che l’intelligence definisce ad alto rischio e che ha costretto ad innalzare il livello di allertamento minimo della base, da Bravo a Delta, il più alto. Sabotaggi, kamikaze e atti dimostrativi di vario genere possono avere come bersaglio l’aeroporto con lo scopo di minare l’operatività dei velivoli che decollano quotidianamente da Cervia per sostenere gli sforzi diplomatici internazionali: un quadro quanto mai realistico, in un periodo come questo in cui i reparti (e non solo di volo) dell’Aeronautica, si trovano ad operare in Italia e “fuori area” sotto il continuo rischio di attentati terroristici. Uno scenario che oltretutto rievoca abbastanza fedelmente quanto avvenuto qualche anno fa in Kosovo, con le operazioni belliche che videro la base di Cervia in primissima linea. Il concetto alla base delle “Diane” è che per addestrarsi efficacemente a contrastare le nuove minacce è inutile ricorrere a scenari anacronistici che prevedono improbabili contrapposizioni di blocchi; meglio concentrare l’attenzione su quello che “offre” il panorama internazionale adattando l’addestramento al tempo in cui viviamo per non farsi prendere alla sprovvista. A riprova del realismo e dell’attualità di una “Diana” si pensi solo che una delle emergenze che il 5° Stormo dovrà essere in grado di gestire durante questa esercitazione è quella di un ipotetico acqua-bomber che abbia contaminato le scorte di bottiglie di acqua minerale da mezzo litro della base.
Il WOC è un edificio protetto situato in prossimità dei locali occupati dal Gruppo di volo, di fronte alla torre di controllo. Come detto, in tempo di pace e a maggior ragione durante le operazioni belliche, è il vero cuore pulsante della base, destinato a garantire la continuità delle operazioni del reparto e la sopravvivenza dei suoi uomini anche in caso di attacco NBC. Una vampata d’aria ci investe quando l’enorme porta corazzata del bunker viene schiusa dal WOC Commander per accoglierci; in realtà, in caso di conflitto con uso di agenti chimici questo ingresso non verrebbe utilizzato ed il personale dovrebbe accedere all’edificio attraverso le varie camere stagne della CCA, Contamination Control Area, nelle quali verrebbe bonificato con apposite docce e polveri anti-NBC. La Combat Room è il locale principale del WOC, attrezzato per fornire al Comandante di Stormo, o in sua vece al Direttore delle Operazioni, l’istantanea dell’operatività dello Stormo, dell’aeroporto, delle radioassistenze alla navigazione di cui questo dispone, degli alternati, un quadro preciso delle condizioni meteorologiche sulla base e presso gli alternati, la disponibilità dei velivoli negli shelter e quanto necessario per continuare ad operare. L’attività di volo è riassunta su un tabellone luminoso visibile da ogni angolo della Combat Room sul quale sono riportate le informazioni salienti relative ad ogni missione: orario stimato di partenza, nominativo, velivolo, equipaggio, shelter, zona di operazioni, ente di controllo che avrà la responsabilità del controllo tattico della formazione. Le comunicazioni con i siti radar e con le altre basi avvengono su linee protette e permettono di mantenere il collegamento del WOC con il resto del mondo anche in caso di attacco nucleare. Ovviamente il bunker è connesso alla reti Stargate e ACCAM per lo scambio di messaggistica via telescriventi ed è collegato alla Intranet di base, una rete locale per l’interscambio dati sulla quale vengono anche pubblicate le pagine con gli update meteo e ATC.
Qualora i velivoli dovessero decollare su “Scramble”, il WOC avrebbe a disposizione, oltre al famoso pulsante rosso che mette in funzione la sirena d’allarme, tutte le informazioni da fornire agli intercettori per permettergli di portare a termine con successo la missione e rientrare alla base (o dirigere all’alternato) in sicurezza. Oltre alla postazione riservata al Comandante di Stormo la Combat Room prevede anche una console per il Comandante del 23° Gruppo e varie altre per il personale della meteo, per l’operatore Air Defence e per il Direttore delle Operazioni. Inoltre, trovano spazio all’interno del WOC anche un’aula briefing, una Intelligence, quella Impianti, la Sala NAV, una mensa, il dormitorio e la sala Survive To Operate (STO) dalla quale il personale in servizio si occupa di gestire le ronde di pronto intervento, gli antincendi e l’infermeria. In questo momento tutto il WOC è impegnato nella gestione delle emergenze attivate dai “Lupi”, un crescendo di simulazioni che si susseguono a ritmo incalzante: telefonate anonime, arrivo di pacchi sospetti, incendi all’Ufficio Comando, alla mensa e all’autoreparto. Gli uomini dello Stormo devono continuare ad operare dimostrando di aver appreso le procedure previste per la risoluzione di quella particolare situazione di pericolo. Lo scenario viene aggiornato di tanto in tanto, a seconda dell’esito delle ipotetiche trattative diplomatiche in corso. Un’emergenza particolarmente significativa è quella che vede un ultraleggero sorvolare la base lanciando volantini a scopo dimostrativo, un’eventualità affatto remota vista la presenza di 8-9 aviosuperfici nelle vicinanze dell’aeroporto. In questo caso la procedura non prevede lo Scramble degli intercettori, che probabilmente non avrebbero neanche il tempo di alzarsi in volo ed identificare il velivolo, ma la notifica immediata della violazione ai Carabinieri in modo tale che questi possano inviare nei vari campi di volo delle pattuglie allo scopo di individuare il colpevole dell’infrazione.
Tuttavia una “Diana” non è solo una serie infinita di realistiche emergenze: agli eventi addestrativi si alternano veri e propri corsi teorici su argomenti toccati dall’esercitazione poiché la VCO che attende lo Stormo prevede anche dei test scritti per la verifica della preparazione del personale.
Così, mentre una parte del personale è impegnata a gestire un pacco sospetto arrivato al magazzino MSA, un’altra è in aula ad apprendere (o ripassare) la procedura di manutenzione delle armi. Ovviamente, ciò che viene messo in campo dai “Lupi” è finalizzato a verificare la capacità di tutto il personale di garantire la continuità delle operazioni condotte dal Gruppo di volo.
Il 23° Gruppo è in turno d’allarme, come avviene a rotazione durante l’anno, e tre velivoli (leader, gregario e riserva) armati di tutto punto sono pronti a partire su allarme nel caso in cui venga ordinato uno “Scramble”. La maggiore complessità della dotazione avionica degli F-16 ADF (che nella fighter community sono conosciuti con il nome non ufficiale “Viper”) rispetto agli F-104S/ASA-M non permette di decollare nei famosi 5 minuti caratteristici dell’era Starfighter; la coppia d’allarme è in grado di staccare le ruote da terra in un massimo di 15 minuti dall’ordine di “Scramble”, lo stesso tempo richiesto dai Tornado ADV di Gioia del Colle. Ovviamente questa finestra temporale può essere ridotta a 8-10 minuti qualora i piloti attendano l’ordine di decollo già agli shelter, un’eventualità che si verifica in quei casi in cui è richiesta una prontezza più elevata. E’ proprio quello che avviene nello scenario previsto dalla “Diana”. L’ufficiale intelligence nel corso dell’ultimo aggiornamento della situazione ha segnalato una possibile attività aerea ostile. I velivoli d’allarme sono in configurazione standard, ovvero con serbatoi subalari da 1.400 litri (o ventrale da 1.135), il cannone Vulcan da 511 proiettili, una coppia di AIM-9L “Sidewinder” e una di AIM-120 “Slammer” anche se il carico può essere variato abbastanza agevolmente a seconda delle esigenze. Non è prevista l’integrazione dell’Aspide (per il quale si prefigura un futuro di impiego solo nelle batterie Spada), un’operazione considerata troppo lunga e costosa. Lo shelter rimane aperto in quanto la minaccia NBC, seppur presente, è debole. Il pilota ripassa mentalmente tutti gli step previsti dal decollo su allarme e viene aggiornato di tanto in tanto dal WOC tramite telefono.
“Scramble, scramble, scramble!”: invece di arrivare con il classico suono della sirena, l’ordine raggiunge i piloti e gli specialisti nei due shelter, a voce. Il Project Officer dell’esercitazione ha voluto simulare il sabotaggio delle linee di comunicazione, delle sirene e dei semafori degli shelter. I piloti salgono a bordo dei velivoli, si legano con l’aiuto del crew chief e mettono in moto ma prima di decollare contattano via radio il WOC. Solo dopo aver autenticato l’ordine, i due caccia escono dagli shelter per decollare. L’autenticazione dello Scramble avviene via radio sulla base di una sorta di matrice a caratteri e utilizzando il metodo challenge-response: come nel gioco della battaglia navale il pilota chiede all’operatore di leggergli la lettera contenuta nella matrice all’intersezione di una determinata riga con una determinata colonna (challenge). Solo se la risposta che l’operatore fornisce (response) coincide con ciò che il pilota legge sulla sua matrice nella stessa posizione, allora egli è certo di essere in contatto con un operatore autorizzato a dargli l’autorizzazione al decollo. Ovviamente la procedura si ripete nel verso contrario ed è tipica delle operazioni reali nelle quali, per evitare spiacevoli intromissioni, bisogna essere sicuri che un ordine provenga dall’autorità competente. I velivoli dispongono anche di apparati UHF e VHF con sistema Have Quick che rende impossibile l’intercettazione delle comunicazioni radio.
In soli 8 minuti, quindi entro i tempi stabiliti dal grado di prontezza “silver” (ovvero decollo entro un quarto d’ora dall’allarme) i due caccia staccano le ruote da terra con il post-bruciatore inserito (normalmente i velivoli decollano su “Military”) per andare ad intercettare un F-16B decollato alcuni minuti prima proprio per interpretare la parte dello “zombie”. Si limiteranno ad intercettarlo, seguendo gli step previsti dalle ROE (Rules Of Engagement, regole d’ingaggio) e rientreranno agli shelter per essere approntati ad una nuova missione. Quello cui abbiamo assistito è solo un “Tango Scramble” (T-Scramble) ovvero uno Scramble a scopo addestrativo. Tuttavia, dal 1° gennaio 2004 il 23° Gruppo ha iniziato a prendere parte ai turni d’allarme della Difesa Aerea, un traguardo particolarmente significativo se si pensa che i primi tre F-16ADF erano atterrati a Cervia il 14 novembre 2003, solo sei settimane prima dell’impiego operativo. L’impegno del 23° Gruppo non si è limitato al mantenimento di una coppia di velivoli in prontezza “silver” o “amber” (in 2 ore) come avviene nei normali turni d’allarme: gli F-16 a Capodanno sono andati in volo e hanno orbitato in CAP in un’area situata tra il Lazio e l’Abruzzo per sorvegliare la No-Fly Zone di 5 miglia nautiche di raggio istituita su Roma a protezione del centro storico e del Vaticano, luoghi che secondo le fonti di intelligence sarebbero stati a rischio kamikaze durante le ultime festività.
Compito degli F-16 (ma anche di Tornado, AMX, F-104 ed HH-3F), prevenire e scoraggiare qualsiasi tentativo di attacco a monumenti-simbolo della Capitale sul modello di quelli dell’11 settembre 2001, una missione talmente importante che per poter approntare i velivoli al primo turno d’allarme gli uomini del 5° Stormo hanno fatto gli straordinari lavorando per tutta la durata delle festività e arrivando a stappare la bottiglia di champagne in hangar alle 22.40 del 31 dicembre per festeggiare il Capodanno e il ritorno alla piena operatività del 23° Gruppo sancita con il caricamento dell’ultimo colpo nel cannone.
A poca distanza da questo primo impiego reale il COFA (Comando Operativo Forze Aeree) di Poggio Renatico ha voluto mettere alla prova la prontezza degli F-16 del 23° Gruppo ordinando uno Scramble alla coppia in servizio d’allarme il 13 gennaio. I velivoli sono regolarmente decollati entro i tempi stabiliti e, una volta informati dello scopo addestrativo della missione, hanno fatto rientro a Cervia. Ormai questo tipo di attività sta diventando il pane quotidiano dei “Veltri”; divenuto un po’ meno consueto dal viaggio di arrivo in Italia, l’addestramento al rifornimento in volo. Anche per mantenere la proficiency in questo tipo di attività il 23° Gruppo effettuerà nei prossimi mesi un certo numero di missioni di rifornimento da KC-135 e KC-10 dell’USAF rischierati ad Aviano e C-135FR francesi. Ovviamente si inizierà con “rinfrescare la memoria” dei piloti più esperti per poi passare gradualmente ai piloti con meno ore di volo, anche se tutti i “Veltri” hanno svolto un addestramento di questo tipo negli USA. In questo contesto risulterà utilissima l’esperienza di un pilota come il Magg. Argieri che ha volato, nell’ambito di un programma di “pilot exchange” (ovvero di scambio di piloti tra forze aeree alleate per la condivisione delle tecniche di impiego del mezzo aereo), prima di far rientro al 23° Gruppo, con gli F-16 della New York Air National Guard, di base a Syracuse, partecipando anche ad un’esercitazione complessa come la Maple Flag in Canada. Come spiega il Cap. Cartacci del 23° Gruppo al quale chiediamo quali siano le principali differenze tra il “Viper” e il vecchio “Spillone” “l’F-16 è un velivolo più orientato ai sistemi”. Oltre ad essere più facile da pilotare, più comodo e ad avere una maggiore autonomia, il caccia dispone di un radar Look Down/Shoot Down con capacità Track While Scan “il che è differente dal dover interpretare un blip sullo schermo!”. Inoltre è molto più maneggevole e ciò significa che nel corso di una missione non è difficile raggiungere gli 8-9 G. “Sin dal periodo passato a Tucson abbiamo iniziato a fare uno specifico percorso di preparazione a questa macchina che richiede sforzi cui non eravamo abituati ai tempi dello Starfighter. E’ per questo che all’addestramento in volo alterniamo sessioni di addestramento in palestra, una pratica indispensabile per poter manovrare questo caccia straordinario in combattimento”. In attesa che venga aperta la nuova palestra dello Stormo, tutti i piloti si allenano quotidianamente nelle palestre situate nelle vicinanze dell’aeroporto a Cesena, Milano Marittima e Cesenatico. Anche l’equipaggiamento di volo dei piloti è cambiato in conseguenza del passaggio al nuovo velivolo. E’ stato introdotto un nuovo casco, l’HGU-55P con modifica Combat Edge che presenta un condotto di pressione che gonfia l’interno del casco per favorire l’aderenza dello stesso alla testa del pilota ed evitare la dispersione del sangue in presenza di accelerazioni testa-piedi. Il sistema Combat Edge prevede una maschera modificata rispetto allo standard in uso nell’AM che invia ossigeno al pilota anche senza che sia lui a richiederlo mediante inspirazione (particolare studiato per favorire l’afflusso di ossigeno al sangue anche sotto sforzo). E’ cambiata anche l’anti-g mentre è stato abbandonato l’ingombrante Secumar per un nuovo tipo di salvagente.
Se le differenze tra l’F-104 e l’F-16 in termini di prestazioni ed equipaggiamento sono molto evidenti e sono argomenti su cui sono stati versati fiumi d’inchiostro, la gestione logistica del “Viper” è senz’altro un argomento meno noto. L’F-16 è un sistema d’arma molto più complesso del suo predecessore ed è caratterizzato da un ciclo manutentivo più lungo dello Starfighter. Per poterlo gestire al meglio è stato creato il GEA, Gruppo Efficienza Aeromobili, nel quale è confluito tutto il personale tecnico dello Stormo, compresi gli specialisti di linea che un tempo erano assegnati al 23° Gruppo. Il GEA ha quindi preso il posto del vecchio Centro Manutenzione ed è composto da circa 170 tra ufficiali e sottufficiali che si occupano degli interventi di 1° livello sui velivoli e delle ispezioni di tutti i motori Pratti & Whitney F100-PW-220E della flotta, eseguite ogni 4000 cicli-motore. Gli interventi di livello superiore e le ispezioni programmate delle 200 ore (Phase Inspection) sui velivoli sono eseguiti a Trapani che è la MOB, Main Operating Base, della flotta F-16 (Cervia è stata designata FOB, Forward Operating Base). Nell’assolvimento delle proprie funzioni il GEA è supportato da personale della Lockheed Martin che dovrebbe rimanere a Cervia per tutta la durata del programma “Peace Caesar”. Si tratta di 5 o 6 tecnici esperti della casa costruttrice (ce ne sono alcuni anche della Pratt Whitney) che avendo un “livello di capacità lavorativa” elevato (che per l’USAF corrisponde a 7, su una scala a quattro livelli 3, 5, 7 e 9) collaborano con i colleghi italiani con funzioni di consulenti e supervisori. Anche se l’AM utilizza un sistema di riferimento differente per valutare il livello professionale degli specialisti (C1, C2 e C3), tanto per intenderci, gli specialisti che hanno sostenuto il corso di abilitazione istruzionale negli Stati Uniti arrivano in Italia con un livello 5. Raggiungeranno il livello 7, necessario per svolgere autonomamente alcuni controlli, entro un anno e mezzo. Come ci ha spiegato il T.Col. Stefanuto, Comandante del GEA e, secondo il Comandante di Stormo Col. Magnani, “vero uomo che ha reso possibile l’arrivo dell’F-16 a Cervia”, la consegna del nuovo velivolo ha coinciso con l’introduzione di una diversa filosofia manutentiva. Il velivolo richiede dei controlli talmente accurati che per poter permettere al Gruppo di volo di lanciare due sortite giornaliere (mattina e pomeriggio) gli specialisti sono organizzati in due squadre. “La prima inizia a lavorare alle 7 di mattina in modo tale che l’aereo sia pronto per le 9:15, orario in cui il pilota arriva all’aereo per poter svolgere tutte le operazioni necessarie a decollare alle 10. La seconda attacca alle 9 e lavora fino alle 19:30. Qualora si volessero pianificare tre sortite giornaliere, la seconda squadra di specialisti completerebbe le ispezioni sui velivoli intorno a mezzanotte”. Questo perché al termine di ogni giornata di volo l’F-16 è sottoposto alla BPO/Preflight, un’ispezione che dura circa 3 ore e che ha lo scopo di preparare il velivolo alla successiva giornata di lavoro evitando che controlli molti accurati e lunghi siano eseguiti la mattina presto, prima dell’inizio dell’attività di volo. Svolgere la BPO/Preflight la sera consente di eseguire un check più rapido la mattina successiva quando basta un semplice walkaround, della durata di poco meno di un’ora, per il controllo dello stato delle gomme del carrello, del livello di olio dell’APU e del motore e dei livelli degli accumulatori. Durante la giornata, tra la prima e la seconda sortita, viene invece eseguita un’ispezione cosiddetta “intervolo”, che dura un’ora e mezza. Ovviamente, nei giorni in cui il Gruppo è d’allarme il discorso è differente e i controlli possono subire delle riduzioni atte a rendere disponibile il velivolo in tempi ridotti pur continuando a garantire la sicurezza delle operazioni di volo. La BPO/Preflight ha una validità di 72 ore (utile nel week end per fare il controllo sul velivolo il venerdì sera e prepararlo al volo del lunedì mattina successivo) e decade dopo il primo volo effettuato all’interno di quella finestra temporale. Sia il controllo intervolo che la BPO/Preflight prevedono un’accurata ispezione anti-FOD (Foreign Object Damage). Durante questo controllo, lo specialista indossa una tuta bianca ed entra nella presa d’aria risalendo lungo il condotto fino a raggiungere il compressore del quale effettua un’ispezione di tutta la parte visibile. Tutti i controlli vengono eseguiti seguendo dettagliatissime Job Guide in lingua inglese ed utilizzando solo gli arnesi che lo specialista può prelevare da una speciale “trousse” il cui contenuto è schedato e mantenuto sotto stretto controllo. Per evitare che un attrezzo sia dimenticato o smarrito in linea volo e abbia quindi buone probabilità di essere risucchiato dalla presa ventrale dell’F-16 con danni catastrofici al motore, la “trousse” è custodita dal magazzino del GEA che provvede ad ispezionarne il contenuto sia in uscita che in entrata. Se uno specialista dovesse rompere la punta di un cacciavite durante il controllo ad un pannello del velivolo, dovrebbe riconsegnare sia il cacciavite che il frammento mancante. Inoltre, se la “trousse” dovesse essere riconsegnata senza una chiave inglese si procederebbe immediatamente alla sospensione dell’attività di volo, provvedimento che verrebbe revocato solo a fronte del ritrovamento dello strumento. Tuttavia, malgrado queste rigorose misure di sicurezza siano state introdotte con l’arrivo di un aereo particolarmente sensibile al FOD come l’F-16, la problematica dell’ingestione nelle prese d’aria di oggetti estranei non è nuova per il 5° Stormo che ha iniziato ad affrontarla con particolare attenzione tre anni fa. Già dal 2001, a titolo sperimentale con la flotta F-104 del 23° Gruppo, fu creato il Nucleo di Gestione FOD e Avifauna, un team che si proponeva di ridurre gli inconvenienti causati da FOD. Il Nucleo è composto da personale volontario e dipende dall’Ufficio Sicurezza Volo. Come ci spiega l’Ufficiale SV Cap. Fabio Masci, tre anni fa il 5° Stormo iniziò un’indagine che aveva lo scopo di capire quali fossero le misure intraprese da forze armate occidentali, tra cui l’USAF e la RAF, per contrastare il pericolo di ingestione nel motore di oggetti estranei e volatili, per poter valutare quali di queste potessero essere adattate alla realtà cervese. Per quanto riguarda il FOD causato dall’avifauna locale, all’interno del Nucleo, è stata creata una Bird Control Troupe che dispone di una jeep dotata di altoparlanti che diffondono per l’aeroporto richiami tipici di pericolo per le specie che abitano nelle vicinanze della base. Scopo dei richiami è quello di impaurire i volatili dando loro la sensazione che l’aeroporto sia un luogo tutt’altro che ospitale. Il sistema utilizzato dal Nucleo è lo Scarecrow di fabbricazione inglese che, utilizzato con tecniche che evitano l’assuefazione dei volatili e con alcune conoscenze basilari di ornitologia (abitudini delle varie specie, flussi migratori, ecc), ha permesso di ottenere eccellenti risultati, primo tra tutti quello di ridurre a zero il numero di birdstrike registrati dai velivoli di Stormo nell’ultimo anno di F-104. Lo sforzo sostenuto dal Nucleo per sensibilizzare tutto il 5° Stormo alle problematiche FOD si è concretizzato con la pubblicazione di un opuscolo distribuito a tutto il personale di base dal titolo “Prevenire il FOD …. dipende da te!”. Inoltre, a rotazione, almeno una volta a settimana, tutti coloro che lavorano in base sono chiamati ad effettuare la cosiddetta FOD walk, ovvero la passeggiata lungo la pista alla ricerca di oggetti che potrebbero essere aspirati dal motore dei velivoli. Oltre alla lunga perlustrazione modello-portaerei, lo Stormo utilizza il FOD Boss, una rete metallica efficace anche in caso di pista bagnata che, trascinata da una spazzatrice alla velocità di 50 Km/h, raccoglie tutti gli oggetti presenti sulla pista e sui racc
ordi e li deposita in un’area apposita dove verranno successivamente prelevati. Infine, gli spazi attorno all’area di manovra degli aerei sono stati riempiti di secchioni della spazzatura di colore giallo con la scritta nera ben visibile “FOD” in cui i piloti, gli specialisti e anche i visitatori sono invitati a gettare qualsiasi tipo di oggetto rinvenuto in terra.
L’F-16 è una sorta di aspirapolvere e malgrado si faccia la massima attenzione a non lasciare in terra nulla sui piazzali e sulla pista, accurati controlli sulle palette del primo stadio del compressore hanno dimostrato come qualcosa sfugga inevitabilmente sia al FOD Boss sia all’occhio umano e venga conseguentemente ingerito dalla presa d’aria ventrale del “Viper”.
Il potere aspirante dell’F-16 è tale che ad essere a rischio sono anche le persone entro un raggio di 8 metri da un “Viper” con motore acceso. Per precauzione, sui piazzali sono stati dipinti dei semicerchi di colore rosso che delimitano l’area entro la quale si rischia di essere inghiottiti. Questa non è la sola novità che abbiamo trovato visitando l’aeroporto di Cervia, profondamente mutato dopo quasi un anno di lavori: è stata allargata la pista, portata dai vecchi 30 metri agli attuali 45, con conseguente necessità di adeguare il sistema di illuminazione e sono stati introdotti due importanti ausili all’atterraggio, l’ILS per pista 12 e il PAPI (Precision Approach Path Indicator) un indicatore ottico del sentiero d’avvicinamento corretto. L’importanza di questi nuovi apparati è ancora maggiore se si pensa, dati meteo alla mano, che l’aeroporto romagnolo è spesso penalizzato dalla nebbia “da ottobre a marzo, in media, per 8 giorni al mese”, come ci ha spiegato il Cap. Conti, Ufficiale della Meteo.
L’ultima missione prevista dalla “Diana” rientra al parcheggio proprio mentre lasciamo l’aeroporto di Cervia al termine della nostra visita. E’ quasi il tramonto e ad attendere i due F-16ADF della missione “Veltro 61” un gruppo di specialisti del GEA ed un tecnico della Lockheed. Avranno da lavorare parecchio stasera per approntare i caccia ad una nuova giornata di volo. Oggi infatti termina la “Diana” ma domani il Gruppo è d’allarme.

© David Cenciotti

Intervista al Comandante del 5° Stormo Col. Amedeo Magnani
a cura di David Cenciotti

Comandante, ci può spiegare qual è il ruolo del 5° Stormo nel dispositivo di Difesa Aerea dello spazio aereo nazionale, specie alla luce della recente acquisizione dei nuovi F-16?

Il ruolo del 5° Stormo ed in particolare del 23° Gruppo è quello di garantire, sin dal tempo di pace ed in concorso con gli altri reparti caccia intercettori, la prontezza di velivoli in grado di intervenire su richiesta degli enti che costituiscono la catena di comando e controllo della Difesa Aerea nazionale. Dal 1° gennaio 2004 il 5° Stormo è tornato ad assolvere questo compito dall’aeroporto di Cervia con l’F-16, un mezzo finalmente al passo con i tempi che in virtù di questa eccellenza tecnologica, ha aumentato le responsabilità del 23° Gruppo, divenuto “punta di lancia” dei gruppi caccia intercettori dell’Aeronautica Militare. Inoltre, al di là del vantaggio di disporre di una macchina che ci permette di garantire la protezione degli interessi nazionali nei confronti delle più moderne tipologie di minaccia, il nuovo velivolo consente ai nostri piloti di giocare un ruolo da protagonisti anche all’interno di scenari più complessi. Insomma, l’F-16 è un velivolo che ci permette anche di lavorare con le altre forze armate all’avanguardia, qualcosa che con gli F-104 stava diventando particolarmente difficile.

Come giudica il passaggio dei piloti da un velivolo di vecchia generazione come l’F-104 ad un velivolo molto più avanzato come l’F-16?

Il volo con il 104 era un volo “tosto”. Per il pilota, il passaggio da una realtà come quella, meno operativa ma più difficile, ad una dal pilotaggio più semplice ma più orientata ai sistemi, è stato piuttosto semplice. Con il vecchio F-104, ormai da molto tempo, lo scopo di molte missioni d’addestramento non era tanto quello di apprendere le tecniche di pilotaggio o la gestione dell’intercettazione, quanto acquisire una certa dimestichezza con le procedure utilizzate in ambito multinazionale. Gradualmente, e con le giuste approssimazioni indotte dalle limitazioni del velivolo, i nostri piloti di F-104 sono stati preparati all’impiego in quegli scenari più complessi nei quali avrebbero operato con il nuovo velivolo, scenari in cui non è solo necessario volare ma anche pianificare e gestire veri e propri pacchetti di velivoli eterogenei. Direi che il risultato è stato ottenuto. L’F-104 si è dimostrato un ottimo “banco prova” propedeutico all’impiego con un velivolo più avanzato come l’F-16 o come l’Eurofighter. La bontà formativa del 104 ci è stata riconosciuta anche dagli americani che addestrando i nostri piloti a Tucson hanno constatato la rapidità con cui gli italiani provenienti dalla linea “Starfighter” si siano abituati a volare con una macchina tecnologicamente molto più avanzata. Non è un caso che i nostri piloti abbiano superato tutti i check e gli esami di abilitazione previsti dal syllabus senza alcun problema.

Quali sono le principali novità operative introdotte dall’F-16 rispetto all’F-104?

Con l’F-16 il pilota deve gestire molti più sistemi e, da solo, deve condurre una missione molto più complessa di quella classica volata con il 104. Con questo aereo il segreto è quindi uno solo: preparare ancora meglio la missione. Se con l’F-104 il briefing pre-volo durava un’ora, con l’F-16 cominciamo a “briefingare” 3 ore prima del decollo. E’ l’unico modo che abbiamo per analizzare nel dettaglio tutti gli aspetti della missione e prepararci correttamente alla sua gestione.
Inoltre, l’F-16 ha delle caratteristiche aerodinamiche che ci consentono di utilizzare il velivolo anche nei nuovi scenari che potrebbero prevedere l’impiego del mezzo aereo per contrastare minacce particolarmente difficili da intercettare come gli “slow movers”: l’aereo permette di volare a velocità e ad assetti tali che potremmo intercettare anche gli ultraleggeri, qualcosa di molto rischioso se non impossibile con l’F-104, un aereo che aveva un handling molto particolare. L’F-16 dispone anche di un radar dalle discrete potenzialità, seppur non di ultimissima generazione, è dotato di una radio in più, che ci permette di comunicare con gli altri membri della formazione su una frequenza “privata” mantenendoci in contatto anche con gli AWACS o con i centri radar della Difesa; è dotato di RWR per l’autodifesa passiva e dell’ILS, un importante ausilio all’atterraggio. Da un punto di vista logistico, il velivolo ha introdotto una nuova filosofia manutentiva, con ispezioni molto lunghe che ci hanno costretto a riorganizzare la turnazione del personale di linea. Per la gestione di tutte le problematiche manutentive abbiamo creato un nuovo Gruppo, il GEA, che ha sostituito il vecchio Centro Manutenzione e in cui sono confluite tutte le figure tecniche dello Stormo. Abbiamo infine adottato una nuova politica anti-FOD e un rigoroso controllo di qualità che si avvale della supervisione del personale della ditta costruttrice.

A proposito del personale della Lockheed Martin e della Pratt & Whitney. Come è stata la l’integrazione con gli uomini del 5° Stormo e l’ambientamento nella realtà romagnola?

L’integrazione è stata ottima. Molti degli americani sono vicini di casa dei loro colleghi italiani e questo ha favorito la creazione di un clima lavorativo piuttosto amichevole. Oltretutto la gente romagnola è notoriamente ospitale e gli americani, alcuni dei quali vengono già da un’esperienza italiana avendo operato per qualche tempo ad Aviano, si sono ambientati in pochissime settimane. Posso affermare, parlando di frequente con loro, che ormai si considerano “dei nostri” a tutti gli effetti, cosa che non può farci che piacere visto che la loro permanenza qui a Cervia sarà lunga, almeno fino al 2007-2008. Oltretutto, la vita dell’F-16 nel 5° Stormo e nella Forza Armata dipende anche dalle tempistiche di entrata in linea dell’Eurofighter e non è quindi da escludere un prolungamento del loro soggiorno in terra di Romagna, un’eventualità che sarebbe accettata comunque con entusiasmo da entrambe le parti.

Qual è il compito e che velivoli impiega la 605^ Squadriglia Collegamenti?

La squadriglia, forte dell’unico Siai 208 in dotazione, svolge voli di collegamento e di trasporto materiale utili per la continuità delle operazioni del 5° Stormo. La 605^ Squadriglia detiene anche un piccolo ma significativo record che la dice lunga sull’importanza del ruolo svolto nell’economia della vita di Stormo: è stato il reparto che ha accumulato il maggior numero di ore di volo su Siai 208 nel corso del 2003. A differenza degli altri reparti, in particolare di quelli dotati di aviogetti monoposto, almeno per il momento, non è prevista l’adozione da parte della Squadriglia di MB-339A, anche perché le nostre esigenze di impiego di un jet biposto sono pienamente soddisfatte con i due F-16B di cui è dotato il 23° Gruppo.

Comandante, l’aeroporto di Cervia è stato chiuso per molti mesi per consentire i lavori di adeguamento necessari ad accogliere l’F-16. Ci può brevemente riassumere le principali novità introdotte?

La pista 12/30 è stata completamente rifatta ed allargata, dai vecchi 30 metri agli attuali 45, con la conseguente necessità di adeguare tutto il sistema di illuminazione della pista, dei raccordi e dei piazzali. Particolarmente importante è stata l’adozione delle luci di mezzeria che sono utili negli atterraggi di notte con scarsa visibilità. Oltre a tutta la segnaletica anti-FOD sulle vie di raccordo, sui piazzali e nei pressi degli hangar, è stato introdotto anche un importante ausilio all’atterraggio, l’ILS per pista 12. Con il GCA, di cui la nostra base era già dotata, il pilota è legato al funzionamento della radio che è l’unico mezzo di comunicazione con l’operatore radar di terra; l’ILS è uno strumento autonomo molto preciso, che consente di far ritorno alla base anche in quelle condizioni avaria radio e di scarsa visibilità che qui a Cervia sono tutt’altro che infrequenti.
Avere entrambi gli ausili in una realtà meteorologica come quella cervese è molto importante. La missione che i velivoli della Difesa Aerea sono chiamati ad assolvere è per forza di cose “ogni tempo”: gli intercettori potrebbero essere costretti a decollare su “Scramble” anche in presenza di condizioni meteorologiche avverse e l’uso contemporaneo del GCA e dell’ILS aumenterebbe, non solo la sicurezza delle operazioni di volo, ma anche le chance di far rientrare a casa i nostri piloti al termine della missione senza dover ricorrere a diversioni all’alternato.

Durante la nostra visita a Cervia abbiamo avuto modo di apprezzare la professionalità, la preparazione e l’affiatamento del personale dello Stormo. Qual è il segreto alla base del successo di questo reparto?

Ritengo che alla base del successo dello Stormo ci sia quello spirito di squadra che anima sin dai tempi del G.91 tutto il personale della base di Cervia. Anche in presenza dei migliori piloti, senza lo sforzo davvero fuori dal comune prodotto da tutto il personale della base, il 5° Stormo non sarebbe stato in grado, in sole sei settimane dall’arrivo dei primi tre velivoli, di prendere parte alla prima missione reale del 1° gennaio 2004. Abbiamo lavorato incessantemente affinché il 23° Gruppo, che non montava d’allarme da Cervia da più di anno e che aveva vissuto il 2003 diviso tra le basi di Tucson, Grazzanise e Trapani, potesse contribuire alla difesa aerea di Roma in occasione delle festività. La riuscita di quella prima missione con l’F-16 è un merito di tutti gli uomini del 5° Stormo, nessuno escluso. Siamo stati i primi a ricevere l’F-104S/ASA-M nel 1997 e siamo stati i primi a montare d’allarme con l’F-16: i risultati degli ultimi anni sono un ulteriore stimolo per gli uomini del 5° Stormo a dare quel qualcosa in più che ci fa essere da sempre in prima linea nel settore della Difesa Aerea.

© David Cenciotti

La Diana e il Veltro

Le origini dei simboli del 5° Stormo e del 23° Gruppo sono molto antiche. Il 1° maggio del 1956, l’allora Comandante del 5° Stormo Caccia Ogni Tempo, incaricò alcuni ufficiali di disegnare il nuovo emblema del reparto. Fu l’estro e l’abilità grafica del Maggiore Bruno Alessandrini a dare alla luce la famosa Diana Cacciatrice che da sempre appare sulle derive degli aerei dello Stormo. La Diana nacque come evoluzione del noto arciere del 1° Stormo ma fu inserita in una nuova e originale forma tondeggiante, fuori dal comune per i canoni del tempo. Sulla nascita di questo emblema, il personale del 5° stormo si tramanda un simpatico aneddoto. Nella prima bozza, il Maggiore Alessandrini aveva riprodotto la celebre divinità completamente nuda, una scelta che trovò l’opposizione del Cappellano Militare che, per rispetto al pudore, impose la vestizione della Diana. A dispetto degli anni, ancora oggi la Diana indossa il gonnellino voluto dal Cappellano anche se non è più raffigurata nell’emblema tondeggiante ma in uno scudo di tipo sannitico bordato di giallo. Diverse le origini del simbolo del 23° Gruppo che per il momento non è ancora presente sulle fusoliere degli F-16 pur avendo adornato le prese d’aria degli F-104 per alcuni decenni. Il Veltro è diventato il simbolo del reparto nel 1963. In precedenza si erano alternati diversi distintivi, dalla “Tetra Piovra” nera, simbolo della 70^ Squadriglia, la più vecchia squadriglia da caccia italiana, alla “Vespa Arrabbiata”, per poi giungere al “Veltro”, cane da inseguimento che con la silhouette del missile Sidewinder e il motto tratto da un brano della Divina Commedia “come veltri ch’uscisser di catena” rispecchia lo spirito dei piloti del gruppo: velocissimi, come dei cani a caccia di una preda, durante una missione di difesa aerea.

© David Cenciotti