L’idrazina è un liquido incolore altamente tossico che alimenta i sistemi elettrici e la turbina EPU (Emergency Power Unit) in caso di avaria motore. In caso di piantata motore, gli impianti elettrici del velivolo ed idraulici sono alimentati dalla corrente generata dalla EPU che può essere azionata dal flusso generato dal motore ed in sua assenza da un sistema d’emergenza che sfrutta come propellente una miscela a base d’idrazina.

L’idrazina è una sostanza, oltre che tossica, altamente infiammabile che può mettere seriamente a rischio la salute del personale che dovesse accidentalmente esservi esposto anche per tempi molto brevi. Qualsiasi reparto dotato di F-16 deve far i conti con un’emergenza di questo tipo e deve essere in grado di gestirla con metodologie che non lasciano spazio all’improvvisazione. Anche il 5° Stormo ha definito una procedura d’intervento ben precisa che prevede il contenimento dell’eventuale perdita, la messa in sicurezza dell’equipaggio mediante abbandono rapido del velivolo e la successiva decontaminazione dello stesso. Vediamo in cosa consiste la procedura.

Un velivolo ha dichiarato emergenza per aver subito una piantata motore, avaria che provoca l’immediata entrata in funzione dell’EPU a idrazina. L’atterraggio è avvenuto senza ulteriori inconvenienti e, come da manuale, l’F-16 è stato fatto rullare fino ad una delle due zone adibite alla decontaminazione, il vecchio “cornetto d’allarme” situato all’estremità nord della pista 12/30 di Cervia. Per limitare la dispersione degli eventuali vapori d’idrazina il pilota ha rivolto la prua del velivolo controvento in attesa dell’arrivo della prima squadra antincendio. La squadra giunge in pochi secondi ed è composta da un On-Scene Commander e da due operatori antincendio.

L’On-scene Commander (OSC), si posiziona di fronte al velivolo, in una posizione dalla quale può dirigere le operazioni dei due operatori e comunicare con il pilota utilizzando un linguaggio fatto esclusivamente di gesti. Ricevuto un cenno di via libera da parte dell’OSC, l’operatore antincendio posizionato alla sua destra, seguendo un percorso studiato appositamente per eliminare qualsiasi rischio di essere inghiottito dalla presa d’aria del velivolo, si avvicina alla semiala sinistra dell’F-16 e passando sotto la tanica subalare, inserisce le spine al carrello e al cannone.

Completato lo spinaggio, l’OSC segnala al pilota di spegnere il motore, operazione che consente al pompiere di avvicinarsi ulteriormente per agganciare la scaletta all’aereo con la quale l’equipaggio abbandona il velivolo, non prima di aver indossato la mascherina necessaria ad evitare l’inalazione di vapori tossici.

Terminata l’evacuazione, con i piloti a distanza di sicurezza, entra in azione l’altro operatore, quello alla sinistra dell’OSC, incaricato del contenimento della perdita e per questo dotato di una particolare tuta protettiva (Level B) che gli permette di avvicinarsi in sicurezza al velivolo in corrispondenza del serbatoio dell’idrazina, situato nel raccordo tra la fusoliera e il bordo d’attacco della semiala destra.

Scopo di questo operatore è quello di controllare eventuali perdite del serbatoio d’idrazina segnalando eventuali macchie in terra causate dalla fuoriuscita di liquido. Concluso questo primo assessment con la segnalazione della perdita, la prima squadra lascia il posto al vero e proprio response team idrazina, composto da 2 operatori italiani e 1 americano, che interviene sul serbatoio (con una tuta Level A, ancora più resistente della B poiché le probabilità di contatto con il liquido sono molto più elevate) ed esegue la bonifica della perdita lungo tutto il percorso seguito dal velivolo dall’atterraggio all’area di parcheggio.

© David Cenciotti

7 Comments

  1. Ciao Vito,
    i canopy di alcuni velivoli sono esternamente rivestiti con un sottilissimo strato d’oro che serve a proteggere l’equipaggio dalle radiazioni emesse dai sistemi di bordo (come nel caso del velivolo da guerra elettronica EA-6B Prowler) o per ridurne la radar signature (come nel caso degli F-16C/D).
    Lo strato d’oro conferisce ai canopy di questi velivoli il caratteristico colore ambrato.
    Altri caccia sono invece dotati di canopy rivestiti internamente con uno strato di colore verde acqua che serve invece a ridurre i riflessi interni e migliorare quindi la visibilità del pilota.
    Non ho mai sentito parlare di canopy rivestiti di uranio.

  2. Forse si riferiva alla “vasca” che circonda l’abitacolo sugli A-10 americani, da quel che so però, è fatta di titanio, molto più leggero del DU.

    Fatto sta comunque, che chiodo scaccia chiodo…..

  3. Ciao a voi Esperti. Io non volo ma sto preparando la mia tesi di specializzazione in medicina aeronautica e spaziale e essendo un medico anche se militare…poco ci capisco riguardo la parte squisitamente tecnica degli aeromobili così come di aerodinamica del volo. Accettai di fare la mia tesi su “patologie connesse ai crush aerei” su richiesta del mio professore in quando essendo spesso in missione in Kosovo al Comando, avrei potuto affrontare il problema dell’Uranio depleto come zavorra e come uso in ambito militare, ma sinceramente ho una grande confusione; intanto su quali modelli (a parte i restanti Boeing 747 e gli C130J) vi è ancora uranio, anche perchè se tratto il crollo delle torri gemelle, a parte El Al del 1999 ad Amsterdam, posso farlo se nel 757 e 767 o ilvolo 77dell’American Airlines, contenevano uranio. Vi sarei grata se qualcuno di voi potesse consigliarmi del materiale “semplice” sulla portanza e centro di pressione richiestomi. Grazie Lidia

  4. Quella dell’EPU è una gran c…ta! Qualcuno evidentemente doveva fare soldi a spese del Pentagono e si è inventata questa bufala! Esaminiamo i fatti: supposta una piantata motore a 50.000 ft, massima quota operativa, il pilota sa di avere a disposizione solo pochi minuti di volo planato. Siccome è improbabile che abbia sotto di se una pista pronta ad accoglierlo, la sua preoccupazione sarà di raggiungere la quota di sicurezza per lanciarsi. Ovviamente dovrà avere pressione idraulica per azionare i servocomandi. Ma per fare questo, è sufficiente una elettropompa alimentata direttamente dalla barra batteria. Magari quest’ultima potrebbe essere maggiorata per garantire quei pochi minuti di funzionamento detti sopra. Questo vale anche per la generazione della 400 hz per alimentare gli strumenti di volo.
    Se poi il pilota fosse così fortunato da poter tentare un atterraggio, per estrarre il carrello sarebbe sufficiente avere un accumulatore idraulico. Se proprio si vuole avere un EPU, esiste anche la possibilità di azionarlo mediante un mulinello da estrarre all’occasione, prelevando energia dalla corrente esterna. Vale la pena di avere tante rogne con l’idrazina quando esistono soluzioni più economiche ed affidabili?

    • Grazie del commento.
      Onestamente non so quali siano i razionali che portarono all’impiego della EPU in luogo di una RAT ai tempi della progettazione e sviluppo del velivolo. Proverò a cercare qualcosa sulla documentazione in mio possesso.
      A presto

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