Questo articolo è stato pubblicato sul numero 169, Novembre 2000 di Aeronautica & Difesa

Da un po’ di tempo, oltre all’italiano, allo spagnolo, all’inglese, al francese e all’americano, ad Aviano si parla anche turco.
I recenti lavori di rifacimento della pista di Ghedi hanno infatti costretto i reparti basati nella base lombarda a “traslocare” altrove. Così, mentre i Tornado italiani del 102° e del 154° Gruppo trovavano posto a Decimomannu e a Piacenza, il Distaccamento Turco, a Ghedi dall’epoca della Deny Flight, si vedeva costretto ad intraprendere quello che un pilota ha definito “deployment nel deployment”, trasferendosi ad Aviano.
Abbiamo incontrato gli uomini della Türk Hava Kuvvetleri a poche settimane dal previsto rientro a Ghedi, raccogliendo le loro impressioni sulle operazioni aeree in Kosovo e facendo un bilancio complessivo sulla loro trasferta estiva al “Pagliano e Gori”.
Gli F-16C dislocati ad Aviano al momento della nostra visita erano tutti appartenenti al 191 Filo, un gruppo proveniente dalla 9nci AJÜ (9^ Base Aerea) di Balikesir, situata a circa 200 chilometri a sud-ovest di Istanbul.
“Qui ad Aviano stiamo molto bene” è stata la prima cosa che ci ha detto il Comandante del Distaccamento, il T.Col. Hasan Tinmaz accogliendoci in uno dei cottages, stile campus universitario, che gli uomini di Ankara hanno allestito ad area operativa nell’area attigua al comando del 31° FW, nella zona Nord Est dell’aeroporto. “Rispetto a Ghedi abbiamo numerosi vantaggi qui: prima cosa operiamo in un aeroporto in cui sono basati altri reparti di Fighting Falcon e questo ci allevia qualsiasi problema di manutenzione e di disponibilità di parti di ricambio, in secondo luogo, Aviano è vicina alle montagne, al mare e all’incantevole Venezia, quindi offre molte possibilità nel tempo libero e nel week-end e il benessere del personale va a tutto vantaggio dell’efficacia del nostro lavoro”. La comunità turca è composta da 67 persone: 50 ufficiali, 16 sottufficiali, e un solo civile: il cuoco. Ogni reparto porta con se il cuoco di fiducia che cucina il Kebab e le altre specialità nazionali per tutti i sei mesi del rischieramento del reparto. “Alcuni cuochi, sono venuti in Italia più dei nostri piloti!”. A proposito dei piloti, questi sono otto, tutti molto giovani, prevalentemente Tenenti e Capitani. “Ad Aviano si vola meno che in patria” ci dice uno di loro, “qui andiamo in volo solo due volte a settimana e rimaniamo a terra nel week-end; in Turchia accumuliamo di media 250 ore di volo l’anno”, roba da fare invidia ai piloti italiani.
L’area turca, malgrado non abbia nulla a che vedere con le altre realtà operative presenti ad Aviano da anni, come il Detacamento Icaro spagnolo o il Maple Leaf canadese, è tuttavia ben organizzata: nel piccolo prefabbricato affittato dagli americani, circondato dagli alberi e con un giardinetto dove i piloti si rilassano bevendo o giocando al tiro con le freccette, oltre all’ufficio del Comandante, è presente una rudimentale dressing room, con anti-g e caschi, una briefing room, dove i capi formazione affrontano con i propri gregari ogni aspetto relativo alla missione; e una sala operativa multifunzionale. All’interno di quest’ultima, su tutte le pareti, sono appese cartine geo-politiche dell’area balcanica, con indicate le aree per il rifornimento in volo, quelle per l’addestramento DACT (Dissimilar Air Combat Training) e i corridoi utilizzati dai velivoli per raggiungere le aree di pattugliamento in Kosovo. Tutto ha un nome in codice: punti di riporto, rotte e frequenze radio, per evitare che dettagli della missione possano venire a conoscenza del nemico in caso di intercettazione delle comunicazioni radio. I velivoli, quattro, si trovano negli shelter del “tower loop”. Ogni ricovero corazzato contiene due F-16 mentre il terzo a disposizione del Distaccamento, è destinato alla manutenzione e alle parti di ricambio di tutta la linea volo.
“Ad Aviano, come a Ghedi, svolgiamo solamente attività operativa, con voli di pattugliamento e addestramento alle operazioni con i FAC (Forward Air Controller) che ci forniscono le coordinate dei punti di cui è necessario fare una ricognizione”. Malgrado gli F-16C turchi volino con serbatoi subalari e due coppie di AIM-9L “Sidewinder” e AIM-120 “Slammer”, come avviene per tutti i velivoli NATO impegnati nella missione “Joint Forge”, il ruolo principale del 191 Filo in caso di conflitto sarebbe fornire il supporto ravvicinato alle truppe di terra, in profilo CAS (Close Air Support), o l’interdizione del campo di battaglia, BAI (Battlefield Air Interdiction). “Decolliamo una volta al giorno per il Kosovo, con una coppia di velivoli, che svolgono la missione assegnata dal CAOC (Combined Air Operations Centre) secondo i dettami dell’ATO (Air Tasking Order) quotidiano. Pur essendo il ruolo aria-suolo, quello a noi congeniale, voliamo in configurazione air superiority con serbatoi, AIM-120 alle estremità alari, e AIM-9L ai piloni interni, ma aerodinamicamente non c’è differenza e potremmo invertire tra loro i missili”. Per ogni missione vengono preparati tre velivoli, anche se decolla solo una coppia. Il velivolo “spare”, attende con il motore acceso che i due velivoli titolari escano senza problemi dalla zona di controllo di Aviano, seguendo via radio, le fasi iniziali del volo. Gli aerei armati decollano separati di pochi secondi e successivamente i caccia si ricongiungono in formazione durante la procedura di uscita strumentale dal CTR di Aviano. I velivoli procedono quindi verso il rendez-vous con il KC-135 americano, che avviene nell’Adriatico, di fronte alle coste albanesi. Una procedura abbastanza facile, soprattutto grazie all’aiuto dell’operatore boomer che manovra manualmente l’asta rigida e la inserisce nel ricettacolo dorsale del caccia, e che richiede non più di cinque minuti ma che costringe i velivoli a rifornirsi separatamente, cosa che non avviene nei velivoli che si riforniscono con il sistema probe (quello utilizzato dai velivoli italiani per esempio). Chiediamo ai piloti turchi se abbiano mai avuto la possibilità di rifornirsi dal KDC-10 olandese che è dotato del sistema boom ma senza operatore di bordo (sistema che costringe il pilota ad “agganciarsi” all’asta rigida quasi del tutto autonomamente, con l’aiuto visivo dei simboli disegnati sotto la fusoliera del tanker, mentre un operatore nel rifornitore segue l’operazione da una telecamera) visto che questo ha operato in Adriatico durante l’Allied Force, ma la risposta è che i velivoli turchi si riforniscono al momento solo da KC-135 o KC-10 americani.
Dopo aver effettuato il rifornimento, i velivoli dirigono verso i punti d’ingresso dell’area di pattugliamento, sempre sotto l’occhio vigile di “Magic”, l’AWACS di turno. Raggiunto l’orario previsto, contattano il FAC e si dirigono sui punti di pattugliamento previsti dalla missione seguendo dei percorsi lontani da eventuali minacce terra-aria. “In Kosovo, abbiamo anche un FAC turco, ma ci addestriamo indifferentemente con controllori aerei avanzati tedeschi, francesi o spagnoli”. Le missioni svolte al momento sono solamente diurne della durata di circa tre ore e mezza e permettono una ricognizione visiva delle zone sorvolate. Solitamente non è richiesto un ulteriore rifornimento per la fase di rientro, che avviene lungo corridoi che non sorvolano zone popolate e i velivoli atterrano senza effettuare riattaccate o “touch and go” per motivi di sicurezza. Dall’inizio del rischieramento i “Kobra” hanno volato 138 missioni per un totale di 437 ore di volo mentre in totale gli aerei della Turkish Air Force hanno volato dal 1993 a oggi 12.250 sortite per 34.500 ore di volo sulla Ex-Yugoslavia.
L’esperienza operativa nel teatro balcanico e la possibilità di operare in ambiente reale con altre nazioni della NATO sono di fondamentale importanza per la Türk Hava Kuvvetleri, una forza aerea che si confronta quotidianamente con uno “scomodo” vicino: la Grecia. Più volte i due paesi si sono scontrati per l’egemonia sulle isole dell’Egeo e la stampa internazionale ha spesso riportato di veri e propri dogfight tra F-16 turchi e i Mirage 2000 e gli F-16 di Atene. “Quello che auspichiamo da entrambe le parti, è che in futuro l’aria di distensione che si respira già oggi sia ancora più forte” ci ha detto il T.Col. Hasan Tinmaz. “Spesso ci è capitato di avere “incontri ravvicinati” con i velivoli greci ma il tutto si è sempre risolto bene. C’è un profondo rispetto tra di noi”. I segnali distensivi auspicati dal Comandante del Distaccamento sono molto concreti, basti pensare che quest’anno, per la prima volta, velivoli dell’Aeronautica turca sono atterrati in Grecia per prendere parte insieme ad altre nazioni, tra cui l’Italia, all’esercitazione Dynamic Mix 2000e già si parla della Turchia come paese ospitante la DM 2001, proprio al fine di far ricambiare la visita ai caccia greci.
Lasciamo gli ospitali uomini turchi, mentre una coppia di F-16 decolla per la sortita giornaliera. Per ora volano poco, perché la situazione tranquilla, ma i “Kobra” del 191 Filo giurano di essere pronti, qualora ci sia necessità, di tornare in forze nei cieli balcanici, e vista l’instabilità della zona questa non è un’ipotesi così remota.

Alcuni problemi sono stati riscontrati dai piloti turchi quando, provenendo da Ghedi e quindi da un aeroporto abbastanza “tranquillo”, si sono ritrovati ad operare in uno spazio aereo molto più affollato, caratterizzato da zone addestrative, come la “ZITA” e la “ORFEO”, e da arrivi e partenze continue, molte delle quali operative, cioè con velivoli armati. A tal fine, anche il 191 Filo ha provveduto, per un certo periodo, a mandare in torre di controllo un controllore con funzioni di “liaison officer” cioè di ufficiale di collegamento tra piloti in volo e controllori, per evitare che barriere linguistiche potessero inficiare la sicurezza delle operazioni di volo soprattutto in fasi concitate o di emergenza. Le procedure di volo in vigore ad Aviano, molto rigide e inizialmente difficili da assimilare sono necessarie ad assicurare il deconflicting tra tutte le missioni in volo. Tutte queste normative relative al traffico aereo a cui si devono attenere i velivoli Turchi e di ogni nazione ospitati sul suolo friulano sono emanate dall’Aeronautica Militare, che svolge, attraverso il Comando di Aeroporto, il controllo delle operazioni. E’ per questo che il personale italiano detiene tutte le “posizioni chiave” dell’aeroporto: dal CDA, al BOC, alla Torre di Controllo, al Controllo di Avvicinamento, tutto è nelle mani del Col. Tudini, il Comandante dell’Aeroporto. Troppo spesso dimenticato, il Comando di Aeroporto svolge quindi un ruolo di comando molto importante, di controllo di tutte le attività operative della base.

© David Cenciotti