Quello che segue è un estratto dell’articolo monografico sul 61° Stormo, pubblicato sul numero di Luglio 2001 di RID (Rivista Italiana Difesa).

Una delle ragioni della nostra visita a Lecce consisteva nel prendere parte a una missione addestrativa a bordo di un MB-339CD del 212° Gruppo. Per l’occasione, vista la presenza di un giornalista, è stata organizzata una sortita particolarmente interessante: una MIR (Missione d’Intercettazione Radar) che rappresenta la forma d’addestramento aria-aria più avanzata. La missione, nominativo radio “Viper”, vede infatti impegnati quattro velivoli, due contro due (i frequentatori arrivano a fare al massimo le MIR 2 contro 1), nell’area operativa “Fox”, uno spicchio di una gigantesca zona riservata al volo militare denominata R-60, situata più o meno, sul mare di fronte a S. Maria di Leuca. Anche gli equipaggi sono quelli delle grandi occasioni, tutti istruttori, tranne il sottoscritto: a portarmi sul “Viper 1” sarà il Col. Agrusti, ex Comandante del 212° gruppo e istruttore su T-38 a Sheppard, in supporto per una settimana al 61° Stormo; su “Viper 2” ci saranno l’attuale Comandante di Gruppo, T.Col. De Giuli e il Comandante del GIP, T.Col. Forgione, sul “3” ci sarà un istruttore, il Cap. Luisi, ex-centoquattrista al 9° Gruppo di Grosseto; mentre sul “4” volerà un istruttore argentino in “exchange” con precedenti su Mirage III, il Cap. Arneodo. Il briefing che precede il volo è lungo e dettagliato, vengono stabilite le frequenze radio e i nominativi tattici, le procedure d’uscita e di rientro, i tempi, le emergenze e soprattutto, le regole d’ingaggio. Due coppie di velivoli che manovrano una contro l’altra nella stessa zona, rischiano di farsi male se non si stabiliscono ferree leggi da rispettare. La missione prevede che la formazione, raggiunta la zona operativa “Fox” si divida: due velivoli procederanno a sud mentre gli altri orbiteranno attorno ad un “bullseye”, un punto di riferimento, che per questo volo ha il nome in codice “Hotel”.La coppia che è andata a sud, invertirà la rotta, non appena raggiunta una separazione di 20 miglia nautiche dall’“Hotel”, e, simulando un’incursione a media quota, tenterà di colpire il target, che per il nostro “environment”, in base alle caratteristiche di lancio del “CD”, è rappresentato proprio da una safe area di 3 miglia di raggio dal “bullseye”. Se gli attackers raggiungeranno la safe area il bersaglio sarà considerato colpito; ai defenders il compito di respingerli. Dopo un paio di attacchi verranno invertiti i ruoli e si comincerà da capo.Intanto apprendiamo al telefono dell’improvvisa indisponibilità del Radar “Volpe”, situato a Otranto, il cui forfait ci costringe ad addomesticare la missione, che diventa una “Broadcast”: gli attaccanti comunicheranno continuamente la loro radiale e la loro distanza dal punto “Hotel”, sostituendosi al guidacaccia, mentre i defenders dovranno gestire in autonomo la geometria dell’intercettazione senza contare sui vettori forniti dal Radar della Difesa. La “Broadcast”, che i frequentatori del P.O. svolgono solo alla fine del corso in quanto rappresenta la più avanzata forma di addestramento aria-aria, è una missione comune dei reparti caccia intercettori, realistica al punto giusto perché presuppone che l’apporto del CRC sia degradato da emissioni EW nemiche, e formativa perché i fighters devono gestirsi da soli l’intercettazione. Per questa missione il Ground Kill, cioè il livello più basso al quale si potrà operare, è fissato a 9000 piedi; qualora si dovesse “bucare” questo limite, si dovrà interrompere l’ingaggio. Inoltre, opereremo impegnando blocchi differenti: gli attaccanti avranno il blocco 0-4, vale a dire quote tra 10.000 a 14.000 piedi; gli intercettori, il blocco 5-9, cioè quote più alte, comprese tra 15.000 e 19.000 piedi. In ogni caso sarà garantita una separazione di almeno 1.000 piedi nella fase di predisposizione, distanza che potrà essere ridotta solo dopo il “Tally-ho”, cioè dopo il contato visivo con l’avversario, nella fase di ingaggio. Saremo noi e “Viper 2” a fare per primi i cattivi.Stabilite le regole, curiamo gli ultimi dettagli della missione. Sfrutteremo il secondo slot giornaliero del 212° Gruppo, ora stimata di decollo, 12:00 locali. Lo “step” sarà alle 11:30, cioè ci avvieremo ai velivoli mezz’ora prima della partenza. Prevediamo un decollo a coppie e il ricongiungimento delle due sezioni durante l’uscita dalla zona aeroportuale di Lecce, che sarà in VFR, a vista. Dopo aver analizzato la missione in tutti i suoi aspetti, Agrusti, che sarà il leader della formazione “Viper”, compila la matrice di rischio, una tabella che tenendo conto di tutti i possibili parametri che influenzano il volo (esperienza dei piloti, condi-meteo, presenza di passeggeri e istruttori, luogo dell’attività, tempo di preparazione della missione), stabilisce il livello di rischio della sortita. Sul diagramma di riferimento, il nostro valore (14) cade in arco verde, si va.Dopo pochi minuti ci troviamo tutti in linea di volo. Mentre uno specialista mi lega al seggiolino evitandomi problemi con la relativa selva di cinghie e spinotti, Agrusti accende la batteria, inizia l’allineamento dell’INS-GPS (l’intera procedura è completata in 4 minuti) e fa partire l’autotest dei tre MFD a cristalli liquidi. Il Data Transfer System comincia immediatamente a trasferire sul computer di missione dell’aereo le informazioni contenute nel DTM, Data Transfer Module, una cassetta (soprannominata “saponetta”) preparata dagli equipaggi nella Planning Station del Gruppo. Nel nostro caso abbiamo portato con noi le “misure” della zona di operazioni, con waypoints, rotte e radioassistenze, che posso prontamente visualizzare su uno dei display. Regolo la luminosità dell’Head Up Dislay e l’altezza del seggiolino eiettabile di conseguenza: quella ottimale permette di leggere il –15° di beccheggio del visore a testa alta. Dopo qualche secondo mi abituo anche all’HUD senza tentare di mettere a fuoco i numeri ma semplicemente guardando fuori, oltre i due vetri del display. La temperatura è abbastanza elevata malgrado la stagione autunnale e il canopy ancora alzato: assente l’Auxiliary Power Unit (necessaria negli aerei anche per accendere il condizionamento cabina), almeno fino al decollo, il calore emesso dagli MFD si farà parecchio sentire.Agrusti chiama, via radio, gli altri membri della “Viper” sul Canale di Gruppo per verificare che siano tutti pronti e, poco dopo, ci ritroviamo insieme al run up del motore al punto attesa della pista 14. C’è una dual crosswind di 12 nodi che è oltre i limiti per il decollo in formazione. Poco male, si decolla separati di 10 secondi e si ricongiunge in volo. Entriamo in pista, effettuiamo i “last chance checks” e quindi iniziamo la corsa di decollo. Raggiunti i 100 nodi iniziamo la rotazione e quando l’anemometro segna 120, siamo in volo. Attraversiamo i 2.500 piedi in salita con gli altri tre velivoli in ala.





Continuiamo per FL110, in completo VMC e dirigiamo verso la “Fox”. L’abitacolo è spazioso e confortevole, l’unico problema è che la manetta sbatte sul ginocchio destro del passeggero se questo ha le gambe lunghe e le tiene divaricate (è il mio caso). La rumorosità è pressoché nulla e se non fosse per la testa del pilota che si gira da una parte all’altra per controllare la formazione, anche da dietro, sembrerebbe di sedere nell’abitacolo anteriore. In pochi minuti siamo sull’“Hotel”, che è anche il punto prestabilito di ricongiungimento in caso di avaria radio, “Viper 1” chiama il “Fence In”: ci si prepara alla battaglia. La visibilità orizzontale è ottima, a destra si vede il promontorio della Sila, a sinistra imponenti Cumulonembi affogati ci coprono la vista della costa albanese. Ci dividiamo: noi andiamo a sud, scendendo di quota, loro restano a nord a orbitare a quote superiori, intorno al “bullseye”. Stringo le cinghie del casco per evitare che la maschera, tirando un po’ di G, mi scivoli lungo il naso mentre Agrusti configura il cockpit per la missione. In rapida successione sull’MFD centrale compare l’HSI, su quello di sinistra la mappa dell’area e a destra si alternano le finestre Systems e Weapons. Le armi sono settate sul “Best Range”, l’altimetro sul Ground Kill: un alert ci avvertirà 500 piedi prima di raggiungere il limite inferiore dell’area di lavoro. Il Tacan A/A ci fornisce costantemente la distanza dal gregario, mentre attendiamo il raggiungimento delle 20 miglia dall’“Hotel”, per dare il fischio d’inizio alle operazioni. Le coppie, intanto, hanno cambiato nome, noi saremo “Tiger 1 e 2”, loro, “Luis 1 e 2”, per non dar luogo a pericolosi equivoci dovuti all’uso dello stesso callsign. Una radio U/VHF è sintonizzata sulla frequenza sulla quale forniremo le indicazioni di rilevamento e distanza dal target (che leggiamo direttamente sull’MFD) ai defenders; l’altra è su un canale privato, sul quale solo “Tiger 2” può sentirci. Iniziamo ad invertire la rotta scendendo a FL100, ad una velocità 315 nodi. Siamo in “battle”: il gregario è alla nostra destra, circa 4000 piedi di distanza, in linea di fronte, leggermente più alto, in posizione ottima per proteggerci le ore 6. Agrusti mi invita ad aprire bene gli occhi ricordandomi che per reagire all’aggressione, dovremo prima acquisire visivamente gli intercettori.“Per fortuna c’è un pilota da caccia in entrambe le formazioni, cosa che rende interessante il confronto” commenta il mio pilota, alludendo ai suoi trascorsi sullo Spillone al 12° Gruppo e al fatto che per fare il cacciatore, serve un occhio allenato. In questa missione è fondamentale vedere per primi. Avrò modo di dargli ragione. Sull’HUD, per il momento in modalità NAV, leggo una quota di 10.000 piedi e una velocità di 330 nodi, la prua è 320°. “Tiger is 128 at 17”: iniziamo a scandire la nostra posizione agli intercettori, ora siamo a 17 miglia dal target, con rilevamento 128°. Dovranno venirci a prendere inventandosi una navigazione fix to fix sulla base delle nostre indicazioni. Sull’MFD di sinistra seguo la geometria dell’intercettazione mentre a destra tengo sotto controllo le armi selezionate: due missili aria-aria a guida infrarossa e il cannone da 30mm. Ci posizioniamo sul bordo destro della “Fox” così saremo certi che i defenders arriveranno da sinistra, più alti di noi perché bloccati, fino al contatto visivo, nel blocco superiore. Gli occhi cercano continuamente gli intercettori mentre adesso siamo su un rilevamento di 122° dall’“Hotel” a 12 miglia, il Time To Go è di 2 minuti, il vento viene da 240° a 30 nodi. La “situation awareness” è totale grazie alla quantità di informazioni che possiamo gestire a nostro piacimento sui display: la mappa, a sinistra, ci fornisce la nostra posizione rispetto al bersaglio e rispetto alla base, gli strumenti motore, proiettati su quello di destra, indicano che è tutto ok, il carburante è 1200 chili, tutti altri impianti stanno lavorando come previsto. Il GPS indica 10 miglia al target quando “Luis 1” ci acquisisce visivamente. Per pochi secondi siamo costretti a proseguire come prede inermi (siamo travestiti da bombardieri che sono ignari di quello che avviene intorno a loro finché non lo vedono con i loro occhi), poi torcendo il collo all’inverosimile, vediamo un puntino, lontano 4-5 miglia, che sta puntando su di noi, in picchiata, a nostre ore 6. Possiamo reagire: Agrusti, ordina un “Fan Out”, una manovra difensiva nella quale i due velivoli attaccati si aprono, assumendo prue divergenti, estendono alla massima potenza, si inclinano fino a 90° di banco dalla parte esterna alla virata e accelerano a 0 G nel minor tempo possibile. Con un nemico che arriva alle spalle, questa è l’unica manovra di scampo possibile: trovandosi in mezzo ai bombardieri, l’aggressore è costretto a scegliere di sparare a uno dei due, virando dalla sua parte per inseguirlo si esporrà alla reazione dell’altro che invertirà la virata e lo colpirà da dietro prima che questo sia in grado di sparare. Il tutto ovviamente, sempre che non intervenga efficacemente l’altro velivolo ostile….. La nostra manovra non va a buon fine e malgrado i 4,5 G tirati, ci ritroviamo “abbattuti” da un missile aria-aria a guida a infrarosso. Uno a zero. “Luis” torna a quote più alte a “cappare” mentre noi andiamo verso sud per cominciare da capo. Chiedo scusa ad Agrusti perché mi sento causa dell’insuccesso: non l’ho certo aiutato molto ad individuare la minaccia e lui, da solo, senza zavorra, avrebbe tranquillamente potuto manovrare a 6 G, con un bel po’ di speranze in più di riuscire a salvarsi. Facciamo un controllo generale dello stato dei quattro i velivoli e ricevuto l’ok da tutti, ci riposizioniamo nuovamente per l’attacco. Stesse procedure, stessa direttrice, le miglia diminuiscono sempre di più, 10, 8, 6, 4, 3. De Giuli e Forgione a bordo del “Tiger 2”, da buoni bombardieri (il primo viene dagli AMX, l’altro dai Tornado), chiamano orgogliosi il “target splashed”. Abbiamo colpito il bersaglio. Uno pari. Ci separiamo di 10 miglia da “Luis 1 e 2” prima di cominciare la salita al nuovo blocco e scambiarci le parti. E’ il nostro turno di mazzolare. Ci mettiamo in CAP con “Tiger 2” sulla nostra destra, sempre in formazione di battaglia a 16 angeli (16.000 piedi). Per non allontanarci dal fortino, alle 10 miglia, effettuiamo delle virate “in place”, cioè dei 180° sul posto, per invertire la prua senza incrociarsi con il gregario. Via radio, Agrusti da le istruzioni a “Tiger 2” per ingabbiare i nemici che arrivano da sudest. L’adrenalina sale mentre inizia nuovamente il “countdown” delle miglia, questa volta affidato all’inglese, molto latino, del Cap. Arneodo su “Luis 2”. Noi filiamo a 420 nodi (spinti dal vento che ora ci arriva da dietro), loro si stanno avvicinando attraversando il nostro orizzonte da destra a sinistra: 150/15, 155/12, 155/10, sono davanti, intorno alle 4 miglia. Noi abbiamo una prua verso est e siamo a 6 miglia dal target, sotto di noi, solo un compatto strato di nubi che non ci permette di vedere “Luis 1 e 2”, in volo più in basso. Ad un tratto, nell’unico squarcio di sereno, compare il velivolo leader ostile seguito a breve distanza dal trailer. Ovviamente non sono io a vederli per primo, ma Agrusti, che punta decisamente verso il nemico comunicando a “Tiger 2” la posizione del target: “Tally ho, our 9 o’clock, 3 miles, lower”, in basso, alle nostre ore 9, 3 miglia. L’HUD, passa in modalità DGFT (Dogfight), l’arma selezionata è il GUN, in modo “snapshot”, cioè di sparo immediato. Agrusti effettua una velocissima “slice back”: una variazione al classico “Split S” (mezzo tonneaux cui segue un mezzo looping verso il basso), fatta con un bank iniziale di 135°, invece dei classici 180°. Il “Gimmetro” inizia a segnare 5 G costanti e la tuta anti-g si gonfia all’inverosimile per permettermi di rimanere cosciente. Stringo tutt
i i muscoli del corpo per cercare di mantenere il sangue nei pressi del cervello e respiro molto intensamente.La manetta è completamente a fondo corsa mentre cerchiamo di sfruttare al massimo la nostra maggiore energia potenziale per trasformarla in velocità di chiusura sull’obiettivo. Il nostro interesse è rivolto al gregario, “Tiger 2” è in coda al leader. Sinceramente non riesco a vedere il target, malgrado la visibilità dal seggiolino posteriore del “339” sia rinomata. Agrusti continua a parlare al “Due” fornendogli informazioni descrittive (gli spiega cosa sta facendo) e direttive (gli dice cosa fare) mentre il bersaglio, ora visibile in basso a destra, cerca di sfuggire con continui cambi di prua alla nostra aggressione. L’analogue bar del cannone è ormai vicinissima al target, stiamo quasi per sparare, quando un “bip” continuo ci avverte che abbiamo infranto il Ground Kill. “Tiger 1” ordina il “knock it off”, l’immediata interruzione dell’ingaggio, e torniamo tutti alle quote previste. Nel tentativo di scappare, “Luis 2” è sceso al di sotto della quota minima (ricordate Top Gun?) e il dogfight è stato interrotto. L’intercettazione termina qui, ma analizzeremo tutta l’esercitazione a terra, in sede di debriefing, grazie al registratore di bordo, che oltre alle comunicazioni radio e interfoniche, immagazzina un’ora di tutto ciò che si vede sull’HUD o, a scelta, sui singoli MFD: un ottimo ausilio addestrativo. Intanto aggiorniamo il punteggio: 2 a 1 per noi.




C’è rimasto un po’ di tempo per testare la manovrabilità del velivolo e Agrusti si separa momentaneamente dagli altri per lasciarmi il comando dell’aereo. Prendo in mano la barra e inizio ad effettuare qualche timida accostata e un paio di cabrate sempre più accentuate: la risposta del velivolo è immediata e decisa come quella del “339A”, sia sull’asse di rollio che su quello di beccheggio. Rispetto al predecessore, l’HUD del “CD” sembra semplificare molto la conduzione dell’aereo, basta infatti seguire attentamente i movimenti del vettore velocità e senza mai guardare dentro, si può tranquillamente manovrare o, semplicemente, volare livellati. Il sistema HOTAS (Hands On Throttle And Stick), poi, è una meraviglia: un click sulla manetta e si può passare da una modalità all’altra dell’HUD (oltre a NAV e DGFT, c’è ATK, attack), si può parlare su una o sull’altra radio, si può selezionare il range del cannone e fare il lock-on del target. Agrusti riprende i comandi per fare un po’ di acro in formazione, cose “leggere”, perché sono già provato dai G incassati negli ingaggi.


Due sfogate e un tonneaux a botte causano un messaggio di Fuel Warning, recitato dalla suadente voce di donna generata dall’Audio Warning Generated Receiver (AWGR). Niente paura, per fortuna è tutto a posto, Agrusti mi spiega che durante l’esecuzione di manovre acrobatiche può capitare che un po’ di carburante si accumuli di più in una Tip e causi l’accensione della spia di “Fuel Unbalance” sul pannello avarie.




Dopo pochi minuti “Viper 1” chiama il “bingo” per indicare che è ora di tornare a casa. Le condi-meteo sono in rapido peggioramento, i minacciosi CB che sembravano lontani entrando nella “Fox”, sono ora ben più vicini. Sull’alternato, Grottaglie, si atterra solo in strumentale. Rientreremo uno alla volta seguendo la procedura Tacan per la pista 14, riportando direttamente il Final Approach Fix (FAF) già configurati per l’avvicinamento. La sequenza è dettata dalla quantità di carburante residuo. Noi, con 580 chili saremo i primi, seguiti da “Viper 3”, che ne ha 610; “Viper 4”, con 640; e “Viper 2” con 650. Contattiamo l’Approach, “Fence Out” e controlli di discesa. Gli MFD ritornano in modalità NAV, con la pista di Galatina ben in evidenza al centro della mappa. Il controllore ci passa subito nelle mani della torre, il circuito è libero e veniamo immediatamente autorizzati all’atterraggio. Alle minime (600 piedi) abbiamo la pista in vista, i flaps sono su “Land”, le tre luci verdi indicano che il carrello è giù e bloccato, la velocità è 120 nodi in rapida diminuzione. La richiamata è molto delicata, tocchiamo la pista a 115 nodi dopo 70 minuti di volo intensissimi. Non è da tutti i giorni prendere parte a un dogfight. La decelerazione è graduale per uscire dal raccordo a fondo pista. Arriviamo al parcheggio dove ci aspettano gli specialisti.


Via il motore, prima di spegnere tutto Agrusti mi fa dare un’occhiata al gyro compass: l’errore è di soli 19 gradi: niente male per 1 ora e 10 minuti di capriole. Il debriefing è lungo e dettagliato, gli istruttori rispondono volentieri alle mie domande. Alla fine andiamo tutti al bar, per oggi offre “Luis”!

© David Cenciotti